Quest’anno il Carnevale comincia il 28 gennaio, che coincide con la terza domenica prima dell'inizio della Quaresima. A Mondragone, un tempo, quando arrivava il Carnevale, si facevano le PAZZIE, una sorta di rappresentazione teatrale tra la farsa e la commedia, ispirata a fatti reali, che, attraverso la comicità, avevano lo scopo di divertire lo spettatore ma anche di farlo riflettere su qualche aspetto della realtà. La parola pazzìa, che in italiano significa follia, nel dialetto mondragonese vuol dire gioco, scherzo, anche il verbo pazziàre ha lo stesso significato mentre la parola pazzia o follia si esprime con il termine pazzarìa.
Le PAZZIE si rappresentavano sia per strada che nelle case private e gli attori improvvisati, che erano solo uomini, perché la presenza femminile non era consentita, si dovevano preparare per tempo per imparare battute e calarsi nei personaggi.
Una di queste PAZZIE aveva per titolo SCIALL E LUSS E PETTENESS e si ispirava ad una canzone napoletana molto in voga un tempo, dal titolo A LUCIANA, cantata da molti cantanti famosi, quali Renato Carosone, Sergio Bruni, Nino Taranto, Claudio Villa, ecc.
Nel ’54 è stato girato anche il film LA LUCIANA, ispirato alla canzone.
Nella canzone si parla di un giovane che vede passare una bella donna e se ne innamora.
E’ chiamata “la Luciana” in quanto le Luciane erano le donne di S. Lucia, delle quali si celebrava la bellezza in poesie e canzoni.
La donna indossa uno scialle di lusso e una pettenessa, che è un classico fermacapelli, realizzato in materiale pregiato , utilizzato dalla donna per fermare i capelli ma che, nel testo, ha un significato allusivo- sessuale.
Dalla canzone i Mondragonesi avevano ricavato un testo teatrale, in cui si raccontava che il giovane protagonista si era innamorato della bella Luciana, che era già fidanzata ed era riuscito a conquistarla ma poi, successivamente, per gelosia, l’aveva uccisa, andando in carcere.
Inizialmente le parole cantate sono le stesse della canzone:- Sta Luciana che passa e spassa, sciall e luss, petteness…
Quando, poi, il protagonista è in carcere, rivolgendosi alla donna, canta:
- Calamita d’oro,
chell che e fatt a me nun to perdon!
E poi ancora: - Teng a mammà malat
che me chiamm e m’aspett,
io stong ccà e nun a pozz ì a salvà,
Io stong carcerat e mamm more
voglio murì pur io primm e stasera!
Ohi, carcerieru mij, ohi carcerier,
famm na carità, famm ì a vasà a mammà!
Alla fine della rappresentazione, poi, si faceva il ballo della treccia d’amore.
Intorno ad un palo erano attaccati nastri di vari colori e c’erano sei coppie, che saltellavano intorno al palo e che, a suon di musica, intrecciavano i nastri.
Si credeva che se, alla fine, l’intreccio era riuscito bene, il matrimonio delle coppie sarebbe andato a buon fine e quindi nel ballo oltre al divertimento, si vedeva anche un presagio, una previsione del futuro matrimonio.
Ringrazio la sig. ra Gina Maratta, che mi ha fornito queste dettagliate notizie.
Come molti ricorderanno, lei aveva creato un gruppo folcloristico “I RAGAZZI DEL PETRINO”, che per diversi anni si sono esibiti con canti, balli e costumi d’epoca, facendo conoscere a tutti il nostro patrimonio culturale di provenienza.