giovedì 29 aprile 2021

“Sta a passà ri vuaie de santa Catarina”

Si diceva così in passato quando ci si riferiva ad una persona che stava attraversando molte difficoltà nella vita, una dietro l’altra. Il detto si riferisce alla biografia della Santa, dalla quale risulta che fu costretta a subire molte ingiustizie ed angherie.

Santa Caterina nacque a Siena nel 1347, figlia di Jacopo Benincasa e di sua moglie Lapa, ventiquattresima di 25 figli; assieme a lei nacque una gemella che morì poco dopo.
Fin da bambina mostrò la sua vocazione religiosa: a sei anni sostenne di aver visto sospeso in aria nella basilica di san Domenico il Signore Gesù seduto in trono con san Pietro, san Paolo e san Giovanni, che la invitava a seguirlo; a sette anni, quando le bambine sono ancora ben lontane dal concepire una cosa simile, fece voto di verginità.
Ancora bambina volle rinunciare ai piaceri specialmente quelli legati al cibo e per evitare i rimproveri dei genitori, passava il cibo di nascosto ai fratelli o ai gatti di casa.
Verso i 12 anni i genitori presero accordi per maritarla come era costume all’epoca ma Caterina, ritenendosi già sposa di Cristo, si oppose con tutte le sue forze, si tagliò i capelli e si rinchiuse nella sua stanzetta a pregare. La madre, considerandola affetta da fanatismo giovanile, cercava di piegare la figlia con vessazioni pesanti e prolungate, costringendola a pesanti fatiche domestiche e trattandola più come una sguattera che come una figlia.
Un giorno il padre vide che mentre Caterina pregava, una colomba si posò sulla sua testa e percepì l’accaduto come una simbolica presenza dello Spirito Santo, si convinse che non si trattava di un’esaltazione della figlia ma di una vocazione sentita e sincera e dette ordine che nessuno più la ostacolasse nel suo desiderio.
A 16 anni le venne in sogno san Domenico e le assicurò che avrebbe presto indossato l’abito bianco con il manto nero delle monache, chiamate appunto “mantellate”. Spinta dal sogno, chiese di entrare a far parte dell’Ordine ma ne ebbe un rifiuto perché non erano ammesse vergini all’abito bensì solo vedove e donne in età matura e di buona fama.
Caterina fu colpita in seguito a ciò da altissime febbri e pustole che ne sfigurarono il volto e sosteneva che sarebbe morta se non l’avessero accettata. Le sorelle, mandatele in visita dalla priora, furono così impressionate dai lineamenti sfigurati dell’ammalata e dall’ardore con cui chiedeva di indossare l’ abito domenicano che l’accettarono a pieni voti e nel 1363, a 16 anni, nella basilica di san Domenico le fu dato l’abito dell’Ordine.
Visse per tre anni nella sua celletta in preghiera e la madre continuava a piangere quando la sorprendeva a flagellarsi, cingendo i fianchi con una catena di ferro e a nutrirsi solo di pane, erbe amare e acqua.
Nel 1367 al termine del Carnevale le apparve il Signore con la Madonna e i Santi e la sposò a sé nella fede, donandole un anello di rubini, visibile solo ai suoi occhi.
Da quel momento si sentì spinta a uscire dal suo ritiro per darsi alla vita attiva. Erano tempi in cui gli odi mortali, la peste e la lebbra facevano strage di corpi e lei entrava nelle case per mettere pace, nei lazzaretti e ospedali per servire, consolare, convertire e aiutare a ben morire.
Si formò attorno a lei la “Bella Brigata”, un gruppo di uomini e donne che la seguivano, la sorvegliavano nelle lunghe estasi, l’aiutavano nelle varie attività.
Durante le sue visioni mistiche Santa Caterina cadeva in estasi e dettava a un segretario ciò che Dio le rivelava. Da ciò nacquero i Dialoghi, veri capolavori della letteratura mistica medievale, che indussero papa Paolo VI a nominarla nel 1970 “dottore della Chiesa”.
Famoso è anche l’Epistolario, composto da 382 lettere che indirizzò a persone che si rivolgevano a lei per consigli di ogni genere ma anche a uomini importanti come politici, re e magistrati che lei ammoniva ed esortava.
La Santa andava in estasi anche appena riceveva la Santa Comunione e le sue estasi duravano anche tre o quattro ore tanto che quando il sacrestano non riusciva a svegliarla, volendo chiudere la chiesa, la portava fuori di peso ma molti dubitavano dell’autenticità del fenomeno tanto che una volta ad Avignone, una dama, volendo provare la verità, prese uno spillone e glielo conficcò nel calcagno e quando Caterina tornò in sé, avvertì un dolore atroce.
Molti dubitavano dei suoi carismi: per i suoi prolungati digiuni le sue stesse consorelle la consideravano un’ipocrita e un’esaltata. Ne dissero tante sul suo conto che religiosi e dottori di teologia si ritennero in dovere di esaminarla. La “vile donnicciola”, così la consideravano i cardinali, trionfò sempre dei sofismi di tanti inquirenti e delle persecuzioni delle dame di corte e nessuno mai riuscì a confonderla anzi quanti ebbero relazioni con lei si posero poi alla sua sequela.
La fama della sapienza e della santità di Caterina l’aveva messa in contatto con il mondo politico-ecclesiale. Si recò ad Avignone, ambasciatrice dei Fiorentini per una missione di pace e fu lei che diede al papa Urbano VI la spinta per il ritorno a Roma nel 1377.
I Domenicani preoccupati per la fama della Santa in un’epoca di eresie, nel 1374 , sei anni prima della morte, la chiamarono a Firenze davanti al Capitolo generale dei Domenicani ma i Superiori dell’Ordine ne riconobbero l’ortodossia e l’affidarono alla direzione del frate Raimondo delle Vigne di Capua, che diventò suo confessore e allo stesso tempo suo discepolo, che di lei lasciò una biografia che contribuì a diffonderne il culto.
Sfinita dalla fatica e dalle penitenze a cui si sottoponeva ( nell’ultimo anno si cibava solo della Comunione), morì a 33 anni, nella terza domenica di Quaresima, alle tre del pomeriggio.
La Santa ebbe una viva coscienza della sua missione nella Chiesa del suo tempo ed individuò con chiarezza alcuni obiettivi che riteneva voluti da Dio come il ritorno del Papato a Roma, la riforma del clero troppo mondanizzato e la pacificazione del mondo cristiano.
E’ stata proclamata compatrona d’Italia e d’ Europa e secondo la tradizione è la protettrice delle infermiere.




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