Fu coniato da una certa Ndrianella, che abitava nel rione S. Francesco e non si era sposata.
Ai suoi tempi si credeva, e qualcuno lo crede ancora oggi, che la donna si potesse realizzare solo con il matrimonio.
Tra i tanti motivi che spingevano la donna al matrimonio ad ogni costo c’era anche il fatto che la donna non lavorava e non aveva un reddito personale per cui nel matrimonio vedeva anche una sicurezza economica e non solo affettiva.
Naturalmente i genitori erano contenti e soddisfatti se vedevano la propria figlia “accasata” e se questo non avveniva, c’ era anche chi si adoperava a procurarle il matrimonio.
Ndrianella si espresse con le famose parole perché una volta veniva un’amica e diceva: - Vuagliò, teng nu spus che mo vo nu ben pazz, ma proprio va a ‘mpazzì pe me! Veniva un’altra e diceva: - Vuagliò, si sapessen maritm che m’a regalat , verit, e mo si sapessen addò me vo purtà! E così via.
Ndrianella, mortificata e amareggiata, un giorno sentenziò: - Chi a ten d’or e chi d’argient e io (nu)n’ a teng manc de ciummient!!!!
(Ru ciummient è il blocchetto di tufo con cui si costruiscono le case)
(L’elemento sottinteso nella frase si riferisce all’organo sessuale femminile)
Ringrazio Clara Ricciardone e la sua mamma, Enzina Papa, per avermi raccontato l’aneddoto.
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