mercoledì 23 ottobre 2024

UNA RICETTA DEL RICICLO

UNA RICETTA DEL RICICLO
In questo periodo, per tradizione, si preparano le melenzane sott’olio , se ne preparano tante e in diversi modi per poterle gustare in inverno.
Mi è stato riferito che a Mondragone c’è chi utilizza anche le bucce e così ho voluto provare.
Si sbucciano le melenzane, avendo cura di lasciare anche un po’ di polpa attaccata alla buccia. Le strisce ottenute, poi, si tagliano in striscioline più strette.
Si mettono per qualche ora in acqua e sale , poi si strizzano e si fanno bollire in acqua e aceto in uguali quantità per pochi minuti.
Si scolano e si fanno raffreddare.
Si strizzano di nuovo e si condiscono con aglio, peperoncino e origano e si mettono nei vasetti di vetro, coprendole con l’olio di semi, come per le melenzane.
Io ho provato e devo dire che sono buone e croccanti e poi, a pensarci bene, è nella buccia che si concentrano i migliori nutrienti e le proprietà di quest’ortaggio.
Grazie alle massaie mondragonesi, sempre attente e rispettose dell’ambiente.
Provare per credere e … buon appetito!







domenica 13 ottobre 2024

domenica 6 ottobre 2024

OTTOBRE, IL MESE DELLE CASTAGNE

Se settembre è il mese del vino, ottobre è il mese delle castagne, un frutto che un tempo costituiva la base dell’alimentazione popolare contadina delle zone di collina e di montagna.
Le castagne, utilizzate già nell’antica Grecia e a Roma, hanno salvato intere popolazioni dalla fame quando il grano per fare il pane non era sufficiente per tutti.
Oggigiorno la ricchezza ha fatto perdere importanza a questi frutti, che erano un prodotto della povertà.
Erano considerate il pane dei poveri perché con la farina da esse ricavata, si preparavano pani dolci e salati, polenta, castagnacci, focacce ecc.
Oggigiorno, passati i tempi della fame e della carestia, le castagne hanno perduto il ruolo di cibo integratore dell’alimentazione quotidiana, non più strettamente necessario e vitale, si consumano ugualmente ma come cibo sfizioso e saporito , come spassatiempo, direbbero i Napoletani, alla fine dei pasti, come la frutta secca.
Le castagne fresche si possono mangiare arrostite, dette caldarroste, bollite con la buccia, chiamate ballotte, oppure senza la buccia esterna, dette allesse, a seconda delle zone.
I contadini di una volta nonostante non esistessero ancora i mezzi tecnologici di oggi per conservare questo frutto , erano riusciti a trovare il modo di conservarlo e di poterlo utilizzare sempre.
Uno di questi modi era la ‘nzerta, una sorta di collana, che si otteneva infilando le castagne con un ago infilato con lo spago.
Una volta ultimata la ‘nzerta, si chiudeva e si infornava nel forno caldo, all’uscita del pane.
Le spezzatelle, invece, erano castagne sbucciate e seccate al sole, venivano sgusciate con la battitura o pestatura, eseguita dagli uomini mentre a donne e ragazzi era affidato il compito della ventilatura, che consisteva nell’eliminazione della pula. Oggigiorno queste operazioni vengono eseguite dalle macchine e le castagne seccate negli essiccatoi.
A Roccamonfina c’era anche l’usanza di curare le castagne, mettendole in acqua per 7/10 giorni , poi si facevano asciugare all’ombra, girandole di tanto in tanto , mettendole nelle cassette e alternando uno strato di castagne e uno di rena da costruzione.
In questo modo si facevano arrivare le castagne fresche fino a Pasqua.
Ci sono, poi, le castagne del prete, da noi dette “murchigliane” , da Mercogliano, paese in provincia di Avellino, ricco di castagneti , dove si effettua questa lavorazione.
Secondo una leggenda il nome è legato alla storia di un prete che avendo ricevuto in dono delle castagne, per portarle a casa, le caricò su un mulo.
L’animale inciampò facendo cadere le castagne nell’acqua di un fiume. Il prete le raccolse e tornato in convento, decise di metterle in forno per farle asciugare .
Le castagne diventarono croccanti fuori e morbide all’interno. Così nacquero le castagne del prete.
Anche a Mondragone, dove le castagne arrivavano perlopiù da Roccamonfina e dalla zona di Avellino, questo frutto faceva parte dell’alimentazione popolare contadina.
La ‘nzerta e le castagne del prete venivano consumate nel periodo natalizio, come ancora oggi succede.
Le spezzatelle, invece, si trovavano e si trovano ancora oggi durante tutto l’anno, si mettevano in ammollo in acqua la sera prima e poi venivano cotte sotto forma di zuppetta oppure miste ai fagioli ma si faceva anche una minestra di riso e spezzatelle.
Le castagne fresche, se venivano cotte con la buccia erano dette “vualleri”, senza la buccia esterna “allesse”.
Le caldarroste fino a non molti anni fa venivano vendute nei punti di ritrovo più frequentati del paese come ad esempio fuori al cinema Ariston.
Per quanto riguarda le allesse, è rimasto nella tradizione popolare il ricordo di due donne dei Sabatini, che, di sera, sbucciavano le castagne e la mattina presto le mettevano a cuocere, aggiungendo sale e alloro.
Poi, con la pentola ancora fumante, giravano per i vicoli e gridavano: Allesse rosse ! Allesse rosse!
Le mamme uscivano e ne compravano 5/6 per 10/ 20 lire all’incirca e le facevano mangiare ai bambini , che dovevano andare a scuola, una sorta di merendina dolce.
Le allesse rimaste invendute, venivano messe in esposizione fuori ad un “puosto” o banco di verdure della fruttivendola, dove qualcuno le acquistava durante la giornata.
Un’altra donna si metteva seduta con la sua pentola fuori ad una salumeria della Porta di Mare proprio all’angolo di Piazza Bernardino Ruosi, nel portone a fianco c’era un asilo per i bambini e le mamme compravano per merendina ai loro bambini quattro allesse e un vuallero per 10 lire.
Anche in altri punti del paese si vedevano queste vecchine, venditrici occasionali, a volte, di allesse, ma che potevano essere broccoli, rane, ammariegli , frutta secca ecc.
Ringrazio le mie preziose fonti orali: orali: Anna Maria Patrone , Linda Papa , Clara Ricciardone Vincenzina Papa