Sant’Antuono sant’Antuono
Teccoti ru viecchio e damm ru nuovo
E rammigli(o) tantu fort
Comme ru standero da port
oppure
che s’adda sciccà ru chiuov da port
Con questo simpatico e scherzoso detto della tradizione popolare, a Mondragone ci si rivolgeva in passato a sant’ Antonio abate ogni qualvolta cadeva un dente da latte a un bambino , che si faceva riporre accuratamente in un buchetto del muro, chiedendo al Santo l’intercessione per poter avere denti sani e forti come il telaio, cioè come gli infissi della porta.
Sant’Antonio abate viene festeggiato il 17 gennaio ed è considerato uno dei più illustri eremiti della Chiesa, patrono degli animali, santo protettore della stalla e della famiglia contadina, che gli tributava grande devozione. Nell’Italia meridionale viene chiamato sant’ Antuono per distinguerlo da sant’Antonio di Padova.
Viene raffigurato attorniato da animali domestici e da donne procaci, simbolo delle tentazioni. Nel giorno della sua festa si benedicono le stalle e tutti gli animali domestici, anche qui a Mondragone c’era questa tradizione, e la benedizione si svolgeva ogni anno in piazza san Francesco.
In alcune località italiane si diceva che la notte del 16 gennaio, vigilia della festa, il santo passasse per tutte le stalle chiedendo agli animali come fossero stati trattati nel corso dell’anno dai padroni. Il patrono avrebbe benedetto coloro che si erano mostrati buoni con i loro animali e maledetto quelli che li avevano sfruttati e maltrattati senza pietà .
A tale patronato era collegata la capacità di guarire gli animali e di proteggerli, tanto che , per tradizione, si appendeva nelle stalle l’immagine di sant’Antonio, ritratto tra gli animali e con in mano il fuoco.
Ancora oggi in alcuni paesi, il 17 gennaio, si accendono i falò, detti anche “ fuochi di sant’Antonio” che un tempo avevano un’azione purificatrice e fecondatrice e che danno inizio al Carnevale.
Sant’Antonio abate è stato un santo molto venerato lungo i secoli e lo stesso sant’Antonio di Padova, desideroso di seguire il suo esempio, volle cambiare il suo nome di Battesimo con il suo .
La vita di questo Santo non è solo leggenda , egli visse realmente e la sua vita è documentata storicamente da un suo discepolo, sant’Atanasio, vescovo di Alessandria, attraverso un libro “Vita Antonii”, pubblicato nel 357 , con cui lo fece conoscere al mondo.
Figlio di agiati contadini egiziani, nacque a Coma, nel cuore dell’Egitto, intorno al 250. Rimasto orfano a 20 anni con un ricco patrimonio da amministrare e una sorella minore di cui prendersi cura, rispose al richiamo evangelico e così, dopo aver distribuito i beni ai poveri e aver affidato la sorella ad una comunità femminile, seguì la vita solitaria che già altri eremiti facevano nei deserti, vivendo nella preghiera, nella povertà e nella castità.
Il diavolo lo tentò crudelmente ma egli resistette con la preghiera e con il digiuno e con ogni sorta di mortificazione corporale.
Si rifugiò , coperto da un rude panno in una tomba scavata nella roccia ma poiché già molte persone accorrevano a lui per ricevere consigli, aiuto e consolazione e turbavano il suo raccoglimento, si spostò in una fortezza abbandonata , infestata da serpenti ma con una fonte sorgiva e vi rimase per 80 anni; gli veniva calato il pane dall’alto due volte all’anno, per il resto si cibava di frutti ed erbe selvatiche. Morì a 106 anni il 17 gennaio del 356.
Quando era in vita, la sua figura aveva attirato tante persone desiderose di seguire il suo esempio. Molti giovani si consacrarono a Dio, vivendo in grotte sotto la guida di un eremita più anziano e con Antonio come padre spirituale, “abba” , da cui deriva la parola “abate”.
Nell’XI secolo un nobile francese ottenne in dono dall’imperatore di Costantinopoli le sue spoglie , le portò in Francia, a Motte saint Didier, dove fu costruita una chiesa in suo onore .
In questa chiesa per venerare il Santo affluivano folle di malati affette da “ergotismo canceroso” causato dall’avvelenamento di un fungo presente nella segale, usata per fare il pane. Il morbo veniva chiamato “herpes zoster” o “fuoco di sant’Antonio” per il bruciore che provocava.
Per ospitare tutti gli ammalati fu costruito un ospedale e fu fondata la confraternita religiosa degli Antoniani ovvero i monaci di sant’Antonio, che si occupavano di loro, e che curavano, tra l’altro, l’ergotismo con il grasso di maiale.
Il Papa accordò agli Antoniani il privilegio di allevare maiali per uso proprio e a spese della comunità per cui i maiali potevano circolare liberamente tra strade e cortili e nessuno li toccava se portavano un campanello di riconoscimento, era uso che ogni villaggio mantenesse un maiale destinato all’ospedale .
Per questo motivo nella religiosità popolare il maiale fu associato alla figura di sant’Antonio, che viene invocato contro tutte le malattie della pelle in generale.
Secondo una leggenda popolare dell’Italia contadina, inoltre, sant’Antonio abate si recò all’Inferno per contendere l’anima di alcuni morti al diavolo.
Mentre il suo maialino creava scompiglio tra i demoni , lui accese il suo bastone a forma di Tau e lo portò fuori, donando il fuoco all’umanità.
Nella figura dell’eremita che ha vinto le fiamme dell’Inferno e che ha scacciato dal suo stesso corpo il diavolo, incarnato dalla bestia dalla carne voluttuosa, ha luogo una straordinaria stratificazione di significati, effetto di una lotta secolare tra la religiosità ufficiale e la devozione popolare.
La rielaborazione demologica fa del santo del deserto un signore del fuoco e degli animali, un taumaturgo dalla furbizia contadina che guarisce da un male che evoca le fiamme dell’Inferno, le fiamme di quel fuoco che lui stesso è riuscito a rubare per donarlo agli uomini con l’aiuto di un maiale.