LU LATT D CIUCCI(A) Da diversi anni a Mondragone è stata ripristinata la festa del “ciuccio” che si faceva anticamente, anche se quest’anno non si farà a causa del corona virus. Con essa si intendeva salutare il Carnevale prima della Quaresima ed era considerata un rito di buon auspicio per il nuovo anno lavorativo degli agricoltori. L’asino è sempre stato un animale speciale, di grande aiuto per il contadino mondragonese. Anche il latte d’asina, oggi rivalutato, veniva apprezzato nell’antica società contadina e veniva utilizzato qualche volta nell’alimentazione dei bambini.
Negli anni ’50 nel rione san Francesco una donna, già mamma di due bambine , partorì un bel maschietto. La sua felicità era chiara e palese, aver avuto un figlio maschio la inorgogliva molto e la stessa levatrice, donna Rosa, che l’aveva seguita nel parto, quando la incontrava, l’apostrofava scherzosamente: - Ué, mamm e figl mascul!
Avere un figlio maschio voleva dire ricchezza per la famiglia perché il maschio avrebbe avuto braccia forti per lavorare; il maschio avrebbe continuato la discendenza , rinnovando nonni e zii con lo stesso nome e cognome e ne avrebbe perpetuato la stirpe. Avere una figlia femmina più debole, a cui bisognava procurare la dote per farla sposare era una preoccupazione in più per la famiglia. A quei tempi, comunque, la discriminazione tra i due sessi era molto forte e anche se oggi l’emancipazione femminile ha fatto passi da gigante si può senz’altro affermare che la parità tra i due sessi non è stata ancora raggiunta.
La donna voleva bene anche alle altre figlie, ma adorava il figlio maschio, anzi lo venerava, lo guardava e se ne compiaceva. Quando lo portava in braccio, lo esibiva quasi come un trofeo e siccome il bambino aveva un faccino tondo e roseo dai lineamenti delicati e perfetti con boccoletti biondi che lo facevano assomigliare ad un angelo, qualcuno lo scambiava per femminuccia e le chiedeva se avesse avuto un’altra bambina e lei, tutta contenta, si schermiva, dicendo che si trattava di un maschio.
Purtroppo, però, successe che mentre lo allattava, fu colpita da un ascesso a un molare ed assunse dei medicinali prescritti dal medico con la conseguenza che il latte acquistò un sapore amaro e il bambino non volle più saperne di succhiare, piangeva dalla fame ma non si alimentava più e in famiglia c’era grande apprensione per lui.
In breve i genitori vennero a sapere che un contadino di via Venezia soprannominato “Pandulino” aveva un’asina che da poco aveva partorito e che allattava il piccolo e il papà andò a chiedere se potevano avere un po’ di latte per il bambino. Il contadino non solo gli diede subito il latte, ma glielo fornì per tutto il tempo necessario fin quando il bambino, facendosi più grande, poté passare al latte vaccino.
A quei tempi anche se non si nuotava nella ricchezza, ci si aiutava nelle difficoltà e non si voltava la faccia dall’altra parte, quando c’era bisogno.
Il bambino riprese a nutrirsi, crescendo sano e forte con il latte d’asina.
La sua famiglia nutriva profonda gratitudine per quel contadino e quando si andava al mulino a macinare il grano per fare il pane, riportando a casa la farina e la crusca, mai ci si dimenticava di portare la crusca all’asina di Pandulino perché era usanza , all’epoca , dar da mangiare all’asino, oltre al fieno anche la crusca con le “suscelle” cioè le carrube. Dopo diversi anni il vecchio Pandulino morì e il bambino, ormai giovanotto, su consiglio della madre, si recò alle sue esequie, andò a salutarlo prima dell’ultimo viaggio, come si fa con parenti e amici.
Il bambino, crescendo, era diventato un giovane di bell’ aspetto, un rubacuori a detta di molti, esempio di onestà e laboriosità per tutti quelli che lo hanno conosciuto ma dal carattere testardo e ostinato.
Quando in famiglia si discuteva di qualcosa, tutti lo lasciavano perdere perché sapevano che con lui non l’avrebbero spuntata ma sarcasticamente commentavano:
- Eh, tanto s sap che chiglij s’a pigliato lu latt de ciucci(a)!
Nessun commento:
Posta un commento