giovedì 23 dicembre 2021

LE SCRIPPELLE DI NATALE

  Era una Vigilia di Natale di tanti anni fa, nel rione S. Francesco fervevano i preparativi per il Cenone e tutti erano presi da una gioiosa euforia nell’attesa della Nascita Santa. Anche nella famiglia Marta ci si dava da fare perché tutto fosse pronto e niente lasciato al caso. Francesco Marta, il capofamiglia, faceva il muratore ma sapeva fare tanti altri mestieri. Era meglio conosciuto come Mastu Ciccio “ru lampiunar” perché suo padre, uomo alto di statura, era addetto ad accendere e spegnere i lampioni, che si trovavano nei punti principali del paese, a cui accedeva con una scaletta, quando ancora non erano illuminati con la corrente elettrica. Sua moglie Rusinella, come ogni anno, ad un certo punto, incominciò a friggere le zeppolelle, ma non poche tanto per gustare bensì “nu cufunieglj” pieno perché la famiglia era numerosa e poi solo quello c’era a quell’epoca, si era negli anni ’50 ed era da poco passata la guerra, ma con quel che c’era a disposizione si cercava comunque di rispettare tutte le ritualità. Da abile massaia, la donna prendeva l’impasto a cucchiaiate e lo faceva cadere nell’olio bollente e quello subito si gonfiava, formando le zeppole, le girava e le rigirava fino a farle diventare dorate. Uno dei figli, rincasando, si fermò ad osservarla e disse: - Oimà, ma facit semp accussì? mimando il gesto della madre - Pecché nun facit nu poc accussì? E con la mano sull’olio faceva finta di tracciare un segno circolare continuo. La madre capì e raccolse l’invito, nell’impasto che aveva ancora a disposizione mise dello zucchero, vaniglia e cannella, scorza di limone grattugiato, un po’ di liquore fatto in casa e mescolò bene per amalgamare tutto; poi, prendendo con le mani quell’impasto morbidissimo e tutto bolloso perché ben lievitato, incominciò a versarlo nell’olio, partendo dal centro e facendo giri concentrici, che mai faceva interrompere fino ad arrivare alla massima larghezza della padella . Friggeva le scrippelle da un lato e poi le rigirava dall’altro con grande attenzione e maestria. Poi, dopo averle messe a scolare per eliminare l’olio in eccesso, le cospargeva di zucchero e con grande gioia di tutti, la famiglia mangiò le scrippelle alla vigilia di Natale. Non erano grandi come quelle di oggi ovviamente, avevano la larghezza delle padelle che avevano a disposizione allora, ma buonissime e profumatissime.

Questo episodio mi è stato riferito dalla signora Vincenzina Marta, figlia di Francesco, una novantaseienne dalla mente lucidissima, purtroppo scomparsa pochi mesi fa, che mi ha raccontato tanto della vita passata mondragonese. Ve l’ho voluto raccontare perché da questo racconto mi sono resa conto che l’impasto delle scrippelle è quello delle zeppolelle di Natale, cioè quello della “pasta cresciuta”, come noi la chiamiamo. Nelle scrippelle, se avete notato, c’è anche il pepe proprio come nelle zeppolelle. Un’altra conferma alla mia ipotesi la troviamo in un verso del Buchi Buchi , il canto beneaugurante , che si faceva il 31 dicembre, in cui si legge “la scrippella sta sott o tiest”. Come mai si parla di scrippella alla vigilia di Capodanno? Perché è proprio nelle due Vigilie, di Natale e di Capodanno , che si facevano le zeppolelle e quindi si potevano fare anche le scrippelle, visto che l’ impasto era lo stesso. C’è anche da notare che in Sicilia le zeppolelle si chiamano proprio crispelle perché l’impasto quando cade nell’olio bollente tende ad incresparsi; le crispelle da noi, per effetto della contaminazione linguistica, sono diventate scrippelle, non riferito alle zeppolelle, bensì al dolce che conosciamo.
Insomma, se non sappiamo quando sono nate le scrippelle, almeno sappiamo come sono nate. Certo non sappiamo chi fu la prima massaia mondragonese a friggere l’impasto in maniera circolare ma possiamo senz’altro dire che è stata geniale a creare questo dolce, che non passa certo inosservato: grande, profumato e dorato, strabiliante solo a guardarlo, realizzato con ingredienti semplicissimi: farina, acqua, lievito, zucchero e profumi inebrianti. A chi si poteva dedicare un dolce così? Ovviamente agli sposi per festeggiare il giorno più importante della loro vita, il coronamento del loro sogno d’amore, con quella forma a spirale che prolunga all’infinito il movimento circolare, simbolo della vita che si rinnova continuamente e perciò beneaugurante per la fertilità degli sposi.
Per quanto concerne le notizie storiche mi è stato riferito che negli anni ’50 già si facevano le scrippelle per i matrimoni e la prima scrippellara che si ricorda di quel periodo si chiamava Marianna Bomba. Ricordo anche che le scrippelle per il mio matrimonio le ha fatte la sig.ra (E)miliozza Lapiello, di Via Venezia.





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