lunedì 10 gennaio 2022

LA ROCCA DI MONDRAGONE QUERELLE LETTERARIA DEL XVI SECOLO

LA ROCCA DI MONDRAGONE FU IL LUOGO DI INIZIO DI UNA CELEBRE QUERELLE LETTERARIA NAZIONALE DEL XVI SECOLO
L’argomento, finora a noi Mondragonesi del tutto sconosciuto, è stato analizzato e trattato dal prof. Pasquale Sorrentino in un saggio pubblicato nel 2013 sulla rivista trimestrale di cultura “Civiltà Aurunca”.
Da una conversazione avvenuta tra LUIGI CARAFA, duca di Mondragone dal 1578 al 1630, e il suo precettore GIOVANNI BATTISTA ATTENDOLO, noto poeta capuano, sulla poesia epica e su chi fosse, tra l’ Ariosto e il Tasso, il più grande poeta epico del ‘500, nacque un’opera dialogica “ IL CARAFFA OVVERO DELL’EPICA POESIA” , scritta dal frate poeta capuano CAMILLO PELLEGRINO, amico di Torquato Tasso. Il testo fu stampato a Firenze dalla tipografia Sermartelli nel 1584.
L’opera di C. Pellegrino fu come la miccia di un ordigno, che fece nascere una querelle (controversia) che vedeva contrapposti diversi letterati su chi fosse stato tra Ariosto e Tasso il maggiore poeta epico del ‘500.
Sarà bene ricordare che Ludovico Ariosto aveva scritto l’ “Orlando Furioso” pubblicato nel 1532 . L’opera tratta della guerra tra Carlo Magno e i Mori, guidati da Agramante. In breve, il tema fondamentale è quello della pazzia di Orlando, il più forte paladino di Carlo Magno, che si innamora di Angelica, figlia del re del Catai e che impazzisce quando viene a sapere che lei ha sposato Medoro , un giovane moro. Il paladino Astolfo si reca su di un cavallo alato, l’Ippogrifo, sulla Luna, dove, fra tante ampolle che contengono il senno perduto degli uomini, ritrova quella che contiene il senno di Orlando. Ritornato sulla Terra, l’avvicina al naso dell’eroe, che l’annusa e rinsavisce. Così Orlando contribuisce in modo decisivo alla sconfitta dei Mori.
Torquato tasso aveva scritto la “Gerusalemme Liberata”, che si ispirava ad un fatto storico: la prima Crociata, che si concluse nel 1099 con la liberazione di Gerusalemme e la conquista del Santo Sepolcro. Nel poema, però, non solo, si parla della guerra ma anche delle passioni, delle divisioni, dei tradimenti avvenuti tra i guerrieri. La storia di Rinaldo, il più coraggioso cavaliere cristiano, costituisce il nucleo centrale del poema. Rinaldo, catturato dalla bellezza e dalle arti magiche di Armida, principessa saracena , si allontana dal dovere per seguire i richiami della donna, poi si pentirà e riuscirà a riscattarsi e a capovolgere le sorti della guerra a favore dei Cristiani. Armida, che utilizza i suoi poteri magici per sedurre i cavalieri cristiani, innamoratasi di Rinaldo, alla fine, per amore accetterà di diventare cristiana e di sposarlo. Il Tasso nell’opera vuole rappresentare il destino dell’uomo, diviso tra il dovere e i richiami del cuore.
All’epoca del Dialogo di Pellegrino il successo della Gerusalemme liberata e la fama sempre crescente dell’autore ne avevano fatto un caso letterario. Il paragone con l’Orlando Furioso, di qualche decennio precedente, era inevitabile. Gli ammiratori dei due poeti si erano divisi più o meno equamente. Fu l’opera del Pellegrino, che innalzava il Tasso infinitamente non solo al di sopra dell’Ariosto ma anche al di sopra di tutti gli altri poeti italiani a scatenare la polemica, che durò diversi anni.
Le sue affermazioni non rimasero senza risposta, infatti “i numerosi partigiani di Ariosto gridarono altamente e gli Accademici della Crusca gridarono più forte di tutti e risposero al Dialogo di Pellegrino”.
( L’Accademia della Crusca, nata proprio nel ‘500, esiste tutt’oggi e raccoglie studiosi, esperti e filologi della lingua italiana. Rappresenta una delle più prestigiose istituzioni linguistiche d’italia e del mondo).
Alcuni letterati dell’Accademia difendevano l’Orlando furioso e l’Ariosto e sminuivano la Gerusalemme Liberata e il Tasso. Al Pellegrino rispose l’accademico LEONARDO SALVIATI con la “Difesa dell’Orlando Furioso dell’Ariosto contra ‘l dialogo dell’epica poesia di Camillo Pellegrino” Egli sanciva la superiorità dell’Ariosto rispetto al Tasso per la fedeltà ai canoni linguistici di Pietro Bembo (Bembo sosteneva che per la scrittura delle opere letterarie , gli Italiani dovevano prendere come modello Petrarca per la poesia e Boccaccio per la prosa).
Anche un altro accademico della Crusca , BASTIANO ROSSI, fu dello stesso avviso , poiché sosteneva un utilizzo della lingua, da parte del Tasso, non conforme al soggetto epico, la sua lingua era troppo vicina al linguaggio parlato, dialettale e plebeo, lontano dalla tradizione fiorentina.
La querelle si traferì poi su altri livelli, da un piano linguistico si passò a quello ideologico e il Pellegrino fu accusato di avere una “pregiudiziale avversione” verso la tradizione toscana e perfino verso la Signoria dei Medici.
Addirittura l’anno dopo il Dialogo di Pellegrino , TASSO stesso scrisse l’ “Apologia del S. Torquato Tasso. In difesa della Gerusalemme liberata” , nella quale difendeva, sotto forma di dialogo, tutte le scelte fatte.
La polemica continuò, il SALVIATI replicò con la “Risposta all’Apologia di Torquato Tasso”, cui seguirono un nuovo opuscolo di PELLEGRINO e un ”Discorso” del TASSO, e un altro scritto di SALVIATI. Poi le acque si placarono e il Tasso stesso abbandonò la controversia.
Comunque la disputa tre ariosteschi e tasseschi proseguì fino al secolo successivo con la partecipazione anche di letterati minori. Molti si schieravano a favore della Gerusalemme ma molti furono anche i suoi denigratori, tra cui Galileo Galilei, che si scagliò contro la povertà di inventiva del Tasso.
Il Dialogo di Pellegrino fa riflettere anche sulla partecipazione dei letterati meridionali al dibattito culturale nazionale. Molti erano i letterati meridionali che andavano a stampare le loro opere nelle tipografie fiorentine nonostante ce ne fossero molte anche a Napoli. L’intento probabilmente era quello di una maggiore visibilità e partecipazione al dialogo culturale nazionale.
Non è da escludere l’ipotesi secondo cui lo stesso Tasso abbia conosciuto il nostro feudatario Luigi Carafa. Si ricorda che Tasso era nato a Sorrento e aveva studiato a Napoli, e pure essendosi trasferito in altre città d’italia, alla corte dei vari Signori dell’epoca, ritornò diverse volte a Napoli, dove frequentava i salotti della nobiltà napoletana, luoghi di incontro dei letterati e chissà che non abbia visitato anche la Rocca di Mondragone, luogo di inizio della querelle.
In conclusione, ciò che mi colpisce di questa querelle così rilevante e significativa a livello nazionale è che proprio a Mondragone era completamente sconosciuta.
Dobbiamo ringraziare il prof. Sorrentino, giovane e appassionato ricercatore, che all’attività di docente alterna anche quella di pittore e scultore. 







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