venerdì 26 agosto 2022

IL CULTO DI SAN RUFINO A MONDRAGONE

Il 25 agosto ricorre la memoria liturgica di San Rufino, Vescovo di Capua, a cui è dedicata la chiesa omonima di Mondragone, la più grande della diocesi.

Nella chiesa si può ammirare un bellissimo mosaico, che fa da sfondo all’altare, che raffigura il Santo tra due angeli. Ad esso si è aggiunta, negli ultimi anni, anche una statua del Santo benedicente, posta sul lato sinistro.
Sull’antico culto del Santo don Franco Alfieri, parroco per tanti anni della parrocchia, ha scritto un libro “San Rufino un Santo luminoso” ed è grazie ai suoi studi che abbiamo potuto approfondire la conoscenza di questo Santo.
San Rufino, di origine siriana, presbitero in Palestina, visse nella seconda metà del IV sec. d.C., sotto il pontificato di Atanasio.
Da principio negò la trasmissione del peccato originale, ma poi convertito a Roma dai Santi Girolamo e Pammacchio, scrisse una serie di libri ortodossi sulla fede. Veniva lodato per la sua viva intelligenza e l'arguzia di mente.
Fece atto di sottomissione al Vescovo di Roma e con l'aiuto del Santo Pammacchio riuscì a liberarsi dai suoi errori.
San Rufino strinse un forte legame di amicizia con San Girolamo, questi più volte si recò con lui in diversi luoghi per compiere importanti legazioni diplomatiche.
Fu creato vescovo di Capua verso il 410 dal Santo Pontefice Innocenzo I, morì a Capua il 25 Agosto del 423.
Dopo la morte avvennero vari e interessanti prodigi e miracoli attribuiti al vescovo morto in odore di santità.
Verso la metà del IX sec d.C., il longobardo Radiperto, vescovo vulturnense, gli faceva erigere nella sua cattedrale un superbo altare marmoreo rivestito finemente con argento e metalli preziosi . Il marmo sepolcrale riportava la scritta: "Perspicuo argenti sacrum altare metallo Rufini eximii struxit in omne decus." e ciò faceva da testimone del pregio e della santità del Vescovo capuano.
Il breviario Capuano riporta su San Rufino la seguente espressione: "Rufinus Episcopus Vir Eximii Sanctitatis".
Con l’avvento dei Longobardi ebbe inizio una particolare diffusione del culto del vescovo capuano in tutto il territorio da essi dominato.
Furono fondate innumerevoli chiese e cappelle in suo onore, Capua gli dedicò due chiese, altre chiese gli furono dedicate a Sessa, a Carinola, a Piedimonte, nella Piana di Caiazzo, nel Casertano.
Furono proprio i Longobardi che ne portarono il culto anche nell’antica diocesi di Sinuessa.
Tra gli storici locali che ci hanno fornito notizie al riguardo, il notaio carinolese Luca Menna nel suo “Saggio istorico della città di Carinola” del 1848 afferma che “ alla distruzione di Sinuessa, città vescovile, nel Castello di Mondragone fu trasferita anche la Sede Episcopale con le reliquie di San Rufino, San Castrese e di altri Santissimi Martiri, come luogo più limitrofo…. Che la maggiore chiesa di Sinuessa fu dedicata a S. Rufino, la cui festa cade il 25 agosto e che vi si introdusse anche una piccola fiera , ingrandita poi a Mondragone e perché accade nel giorno di S. Bartolomeo, il 24 agosto, il volgo la chiama Fiera di S. Bartolomeo ma, in effetti, si fa per S. Rufino”.
Anche il vescovo Giovanni Maria Diamare nel testo “Memorie storico-critiche della Chiesa di Sessa Aurunca” del 1906 scriveva “ Stabilita in Mondragone la chiesa di S. Rufino, ai tempi dei Longobardi, la chiesa rimase sottoposta alla giurisdizione di Capua… Anche al presente, nella Rocca di Mondragone, che in luogo di Sinuessa è succeduta, si aduna nel giorno di S. Rufino un pubblico mercato, uno dei più famosi della provincia, benché il volgo creda che sia consacrata all’apostolo Bartolomeo per un equivoco…”
Il culto del vescovo capuano, quindi, resta il più antico che la popolazione di queste terre abbia professato verso un Santo, portato dai Longobardi, che erano a Lui molto legati e che dominarono nell’Alto Medio Evo anche la Terra di Mondragone.
A proposito del culto dei Santi nella Rocca di Mondragone è interessante sapere che grazie a uno studio archeologico effettuato sui ruderi del Castello, sono stati ritrovati i frammenti di un affresco parietale raffigurante immagini di Santi, il che attesta che proprio all’interno del Castello doveva esservi una cappella.
Comunque, alla fin fine, anche il culto di S. Rufino ci riporta alle nostre origini.


lunedì 22 agosto 2022

DA NU MANTIEGLJ A ROT (NU)N C(E) ASCETT MANC NA SCAZZETT

DA NU MANTIEGLJ A ROT (NU)N C(E) ASCETT MANC NA SCAZZETT

OPPURE

DA NU CAPPOTT (NU)N C(E) ASCETT MANC NA SCAZZETT

Questo antico modo di dire mondragonese è conosciuto in due versioni ma il significato è lo stesso.
Il detto si riferisce a qualcuno che, volendo ricavare da un mantello o da un cappotto nuovi indumenti, probabilmente non essendo esperto nel taglio o non prendendo bene le misure, tira di qua e tira di là, non ne riuscì a ricavare neanche una scazzetta.
La scazzetta è il copricapo che viene utilizzato dal vescovo o dal cardinale ma anche dallo stesso papa, è quel piccolo berretto di forma semisferica, che aderisce perfettamente alla testa.
Con questo detto si vuole intendere che talvolta, nella realizzazione di un progetto, pur avendo molto materiale a disposizione, che ci fa immaginare tanti possibili sviluppi, alla fine, se non stiamo bene attenti, a causa della nostra incapacità e inesperienza, rimarremo delusi perché non riusciremo a ricavarne proprio niente.

Clara Ricciardone

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giovedì 11 agosto 2022

LA VENERE DI SINUESSA

LA VENERE DI SINUESSA: MESSAGGERA DELLA VERA BELLEZZA

E’ tornata per un po’ di tempo a casa la Venere di Sinuessa, offrendoci un utile spunto di riflessione sulla bellezza.
Nel guardarla, non solo penso alle nostre origini, a Sinuessa, quella favolosa città che giace in fondo al mare e che mi ha sempre affascinato e incuriosito ma nello stesso tempo vedo in essa la bellezza del corpo femminile, riprodotta in maniera così naturale da sembrare vera, con quelle forme sinuose e delicate, così aggraziate e armoniose, che sono proprie del corpo di una donna, una vera meraviglia della natura , che non ha bisogno né di ritocchi, né di rifacimenti, un corpo in cui anche le rotondità fanno parte della bellezza, simbolo di abbondanza e foriere di fertilità, una bellezza ben lontana da quegli stereotipi per cui una donna, per essere bella, doveva avere il vitino da vespa o essere magra o avere i fianchi larghi o il seno grande o la pelle chiara o scura ecc.
Non è certo la bellezza che ci viene propinata oggi, quella trash e volgare, con seni che sembrano palloni gonfiabili, che talvolta scoppiano pure, proprio come i pneumatici quando la pressione non è quella giusta per non parlare delle labbra ”a canotto” che vanno tanto di moda, così grosse e pesanti che quando mi trovo a guardare una signora “rifatta”, che le mostra con orgoglio, a prima vista, mi viene da pensare che alla poverina chissà cosa sarà successo per avere quei labbroni, forse potrebbe aver avuto un’allergia o sarà stata la puntura di una vespa ma poi penso che no no, chissà quanto avrà pagato la signora per farsi fare quelle labbra così mostruose da far impressione a un bambino e a quali altri interventi si sarà sottoposta per assumere quell’aspetto così grottesco e innaturale da sembrare una maschera di Carnevale ….
Certo noi le labbra della Venere non le abbiamo potute vedere perché la statua manca della testa e delle braccia ma le posso immaginare, graziose e delicate, in armonia con il resto del corpo.
Anche senza testa e braccia, per me, la più bella è lei ma anche tra le varie statue di Venere che ho visto rimane sempre lei la più bella proprio per la naturalezza e l’armonia con cui è riprodotto il corpo femminile.
E voi cosa ne pensate?

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