martedì 11 ottobre 2022

LA SCHIAVITU’ A SINUESSA E NELL’ANTICA ROMA

Dopo la seconda guerra punica nel corso del II sec. a. C. la colonia di Sinuessa cominciò ad espandersi al di fuori della cinta muraria originaria, sorsero i “magalia”, quartieri suburbani ed altre abitazioni per cui sorse una nuova cinta muraria, che inglobò le nuove costruzioni.

Ci fu un notevole sviluppo dell’economia del territorio e fu per questo che un gran numero di schiavi dovette affluire a Sinuessa per la coltura della vite, dell’olivo, del grano ecc.
Sorsero, in questo periodo, le prime ville rustiche, che si distinguono dalle ville urbane.
La villa rustica era un edificio di campagna, una sorta di fattoria o meglio il nucleo di un’azienda agricola, dove venivano raccolti e lavorati i prodotti agricoli con l’ausilio della manodopera servile.
La produzione agricola non serviva solo per il fabbisogno personale del padrone o “dominus” ma anche per commerciare i prodotti in eccesso con mercati lontani.
La villa era divisa in diversi settori: la parte residenziale, riservata al proprietario e alla sua famiglia, la parte rustica, destinata alla servitù, la parte fructuaria, destinata alla lavorazione dei prodotti.
In essa c’era la cantina con il torchio per la spremitura dell’uva, i magazzini per il grano, il mulino, il frantoio per macinare le olive e così via.
In un ambiente sotterraneo c’era l’ergastulum, una prigione dove venivano relegati gli schiavi indisciplinati.
Gli schiavi potevano essere acquistati facilmente nei mercati di Puteoli, di Capua e di Volturnum.
Non sappiamo nulla della vita degli schiavi di Sinuessa ma dalla testimonianza di Paolo Orosio, presbitero, storico e discepolo di S. Agostino, sappiamo che in seguito alle rivolte scoppiate in Sicilia nel 133 a. C., furono crocifissi 300 schiavi a Minturnae e 4000 a Sinuessa.
Per comprendere come si arrivò a tutto ciò, occorre fare un rapido excursus sulla schiavitù al tempo dei Romani.
In tutte le varie fasi della storia romana è possibile riscontrare Il fenomeno della schiavitù, come anche nella storia di altri popoli dell’antichità.
Nell’antica Roma essa forniva una forza lavoro a bassissimo costo, elemento importante dell’economia dello Stato.
Diventavano schiavi (servi) i prigionieri di guerra, ma anche i bambini abbandonati o chi non riusciva a pagare i debiti.
Il loro stato e tenore di vita dipendeva dalla mitezza o ferocia del padrone. Solitamente agli schiavi venivano assegnati compiti in base al loro livello culturale e alle loro competenze.
C’erano anche schiavi medici, insegnanti, architetti, atleti ma nella maggior parte, essi venivano oppressi, sfruttati e maltrattati in ogni modo.
In genere, il lavoro degli schiavi era duro e faticoso per non parlare delle pene che venivano loro inflitte: lavori forzati, la fustigazione, la tortura con ustioni, mutilazioni.
Gli schiavi ribelli erano condannati alla crocifissione oppure venivano dati in pasto alle belve feroci o bruciati vivi.
Fu proprio il trattamento disumano e oppressivo degli schiavi che portò allo scoppio di varie ribellioni.
Nel 136 a. C. in Sicilia scoppiò la prima guerra servile, capeggiata da Euno, schiavo di origine siriana.
Agli insorti si unirono gli abitanti del posto, chiedendo l’autonomia da Roma. Questa fu la prima delle guerre servili, che impegnarono Roma per quasi un secolo.
La seconda guerra servile scoppiò sempre in Sicilia, guidata dagli schiavi Salvio e Atenione tra il 104 e il 100 a. C.
La terza, la più celebre, fu guidata dal gladiatore Spartaco, cominciò a Capua nel 73 a. C. e si estese a tutta la penisola italica, impegnando i Romani in due anni di feroci combattimenti.
Spartaco era, inizialmente, un uomo libero, nato in Tracia nel 109 a. C.
Dotato di un fisico eccezionale e di un coraggio straordinario, si era arruolato nell’esercito romano.
Durante un’azione militare in Tracia, si rifiutò di uccidere i suoi compatrioti, fu arrestato per insubordinazione e ridotto in schiavitù.
Dopo varie vicissitudini si trovò a Capua , nella più famosa scuola di gladiatori, dove gli schiavi venivano addestrati in vari tipi di combattimento.
Spartacus non era rassegnato alla sua sorte e non accettava la schiavitù. Concepì, allora, un piano per ridare la libertà a sé e ai compagni.
Si mise a capo di un esercito di schiavi, che si ingrossava man mano che la marcia procedeva e raccolse un esercito di 150 000 uomini.
Tanti erano gli schiavi che fuggivano e si univano al suo esercito, tentando di riconquistare la libertà.
Il comando delle legioni romane fu affidato a Crasso , che dopo una drammatica guerra sconfisse i ribelli nel 71 a. C.
Dell’esercito di Spartaco sopravvissero 6000 schiavi.
Si racconta che i Romani, dopo aver sconfitto i ribelli, tentarono di individuare il leader carismatico e ribelle per una punizione esemplare, offrendo a tutti gli altri il perdono ma quando fu rivolta la domanda: - Chi è Spartaco? tutti risposero: - Io sono Spartaco.
Crasso allora li condannò tutti a morte tramite crocifissione lungo la via Appia, tra Roma e Capua, dove era iniziata la rivolta.
Dei 6000, 4000 furono crocifissi a Sinuessa e 300 a Minturnae.



Nessun commento:

Posta un commento