martedì 29 novembre 2022

VOTT(E)M CHE CE VAC E TIR(E)M CHE CE VENG

 VOTT(E)M CHE CE VAC E TIR(E)M CHE CE VENG

SPINGIMI CHE CI VADO E TIRAMI CHE CI VENGO 

Un tratto peculiare della  tradizione mondragonese, che emerge da detti e racconti, è l’ironia, con cui i nostri avi si destreggiavano tra difficoltà e momenti difficili. 

Serviva ad affrontare la vita con più leggerezza, scherzando e sdrammatizzando le situazioni, accogliendo ciò che si presentava e non opponendosi,  e nel momento stesso in cui lo si accoglieva,   lo si assimilava,  ed era,  per così dire,  già passato. L’ironia aiutava il boccone ad andar giù,  per meglio dire,   e si andava oltre..

Anche a me qualche volta capita di dover far qualcosa che, se potessi,  eviterei in tutti i modi, che non mi va proprio a genio. Allora per autoconvincermi mi dico che nella vita ci vuole coraggio … e certo e chi dice di no… oppure che la vita va presa con filosofia…  e anche con questo son d’accordo e  poi penso che  “con un poco di zucchero la pillola va giù” e anche questo può aiutare, nulla da eccepire,  ma son tutti luoghi comuni, che per quanto veri,  mica mi convincono più di tanto, alla fine quella cosa che devo fare ancora non mi va di farla. 

Ma basta che qualcuno che mi conosce, si accorge del mio indugiare, e per prendermi in giro,  mi fa: - Sé, sé, vottm che ce vac e tirm che ce veeeng! Che incomincio a ridere ed è lì che avviene il miracolo. 

 Allora mi dico, anzi dico alla mia bimba interiore, la parte più immatura di me,  perché è lei che  si è impuntata e non si vuol muovere: - Dai su, e che sarà mai questa cosa che si deve fare? Facciamo in fretta, che poi, noi, abbiamo  tante altre cose da fare!

 Allora parto e vado, come un treno, e chi mi ferma più… Vado e torno. Tutto fatto. Tutto a posto. E vado oltre..

E meno male che son nata a Mondragone…








martedì 22 novembre 2022

T’AGGIA AMM(E)ZZIA’

T’AGGIA AMM(E)ZZIA’ cioè ti devo ammezziàre

A Mondragone usiamo questo verbo quando vogliamo informare qualcuno di qualcosa che non sa, ma non solo, quando lo vogliamo mettere in guardia per prevenire qualcosa di brutto, quando lo vogliamo far riflettere su qualcosa e aprirgli gli occhi, come dire: - Stai attento, è bene che tu sappia che….
“Ammezziare”, secondo una mia personale interpretazione, deriva dall’aggettivo numerale “mezzo”.
Diciamo, ad esempio, mangiare mezzo panino o bere mezzo litro di acqua ecc.
L’aggettivo mezzo, trasformato nel verbo “a mmezziare” significa fare a metà, dividere un’informazione con qualcuno che ci sta a cuore, quindi condividere ma condividere per mettere in guardia, per proteggere qualcuno.
Può essere un genitore che vuole ammezziare un figlio, un nonno un nipote, una persona un amico per solidarietà , per affetto e così via…
Viene detto con furbizia ma a fin di bene. Sembra quasi di sentir parlare i nostri genitori, i nostri nonni, che ci tenevano ad ammezziarci perché ci volevano bene.
Questo termine ci fa riflettere sul nostro dialetto, così bello, espressivo ed immediato, che in una sola parola racchiude tanti significati.
C’è, secondo voi, un termine corrispondente italiano che voglia dire tutto questo con una sola parola? No, non c’ è.
Il nostro dialetto indica le nostre radici, la nostra appartenenza a questo luogo, ci identifica.
Amiamo il nostro dialetto e insegniamolo anche ai nostri figli perché anch’essi figli di questa terra.
I bambini devono imparare sia il dialetto, la cosiddetta “lingua materna”, che apprendono nell’infanzia e sia l’italiano, la nostra lingua ufficiale, insegnata a scuola per potersi, poi, esprimere correttamente in tutti i contesti.
Con Clara Ricciardone



martedì 8 novembre 2022

LINGUE E DIALETTO

DAL FRUTTIVENDOLO



Cari amici mondragonesi,
quando vi trovate a far compere dal fruttivendolo e sentite qualche vecchietta che sta chiedendo “nu chil de cucozz” oppure “nu poc de vas(i)nicol o de putrusin” o magari chiede il prezzo delle “percoche, o delle perzeche, delle crisomm(o)le o delle cerase", credete forse che stia parlando nel dialetto mondragonese antico? No, sta parlando in latino e greco o meglio con quello che di queste lingue è rimasto nelle nostre parlate dialettali. Non ci credete?
Zucca viene dal tardo latino cucutia, basilico dal greco antico vazilikon, prezzemolo dal latino petroselinum, pesche dal latino praecoquum che vuol dire precoce, o persica, albicocche dal greco chrysoun melon cioè frutto d’oro, cerase dal latino cerasum.
Non dimentichiamo che la lingua italiana deriva dal latino o meglio l’italiano è la lingua latina che si trasformata nel corso dei secoli, fondendosi con i dialetti parlati nelle varie zone .
Anche il greco è presente nella lingua italiana con molti termini, detti grecismi, perché quando Roma diventò una grande potenza militare e si lanciò alla conquista di tanti Paesi si dovette confrontare con la superiorità culturale della Grecia, quando, dapprima conquistò le città della Magna Grecia in Italia e poi conquistò la stessa Grecia, non potendo sfuggire così alla cultura e alla lingua greca.