venerdì 24 marzo 2023

ZI GIUVANNINA MACERA



Tra le persone rimaste nella memoria popolare mondragonese ce n’è una, in particolare, che viene ricordata soprattutto per la sua attività svolta nella chiesa del Giglio: zi Giuvannina Macera.

La sua  famiglia abitava  in via IV Novembre, proprio all’inizio della strada, sulla destra. 

Si ricorda che dei quattro figli, due maschi e due femmine, una si era fatta suora e aveva preso il nome di suor Concordia e un fratello maschio veniva chiamato “muchacho”, che vuol dire giovane, ragazzo,  perché era stato in Argentina. 

Giovannina, che non si era sposata, era una persona combattiva e determinata, aveva grinta, come si direbbe oggi. Dedicò  tutta la sua vita alla chiesetta del Giglio e al padre anziano, che accudiva.  

E’ stata citata anche da Padre Berardo Buonanno  nel libro LA CONFRATERNITA DI S. MARIA DEL GIGLIO IN MONDRAGONE.  Di lei afferma:  Molto si adoperò per l’erigenda nuova parrocchia la signorina Giovannina Macera che, ancor oggi, nonostante l’età avanzata, tiene la chiesa in perfetto stato e anima con zelo le celebrazioni liturgiche. 

Marianna Campanile Maria Malaspina 

  Lei  si occupava di tutte le funzioni religiose che si svolgevano nella chiesa ed era presidente dell’ Azione cattolica , che contava, all’epoca più di 70 iscritte.  Tutte si recavano a casa sua per imparare i canti da eseguire  in chiesa. Alcuni ricordano  ancora, quando,  davanti all’onorevole Giacinto Bosco, venuto in visita a Mondragone,  cantò un inno alla Madonna Incaldana. 

 Quando era parroco della chiesa il canonico don Luigi De Stasio, detto don Luigino, compì un gesto memorabile, andò a piedi a Sessa Aurunca per chiedere al vescovo Gaetano De Cicco di istituire una nuova parrocchia nella chiesetta e lo ottenne. La stessa richiesta fu fatta anche dalla Confraternita del Giglio. 

Nella chiesetta ogni domenica si celebravano tre Messe, una delle quali solo per i bambini. 

A don Luigino seguì il sacerdote Francesco Borsone di Nola, detto don Ciccio.  Aveva una sorella che sapeva suonare e accompagnava  il coro, che,  ben affiatato,  veniva chiamato anche per cantare ai matrimoni. A don Ciccio seguì don Amato Brodella, scomparso di recente. 

La chiesetta era sede,  e lo è tuttora,   dell’antica e gloriosa Confraternita di S. Maria del Giglio, che fu  fondata nel 1778 con decreto di Ferdinando IV di Borbone ed  aveva molti iscritti. 

  Aveva un ruolo importantissimo,  a quell’epoca,  in cui non esisteva ancora lo Stato assistenziale, e quindi  sopperiva alle inadempienze statali,  offrendo concretamente assistenza ai poveri, ammalati, ospitalità ai pellegrini, assistenza ai carcerati e così via. 

Questa  Confraternita,  che ha un’illustre storia,  ha scritto davvero una pagina bellissima e significativa della storia della nostra gente. 

Oltre a ciò, dalla chiesetta, come tutti sanno,  uscivano ed escono tuttora i Misteri, cioè le statue dell’Addolorata e di Gesù Morto per le processioni pasquali, a cui tanto siamo legati. 

Ecco perché la  chiesetta del Giglio, pur essendo piccola,    sta a testimoniare la vita religiosa , culturale e sociale della Mondragone del XVIII secolo ed  è tanto cara ai Mondragonesi.  

Di Giovannina si ricorda anche che fu operata,  in giovane età,  di tumore al seno, da cui guarì  perfettamente. 

martedì 14 marzo 2023

IL BOBBO COME CACOBBO?

  A proposito dell’analfabetismo di un tempo, a volte succedeva che i giovani, che andavano a fare il servizio militare al Nord, imparavano a parlare in italiano o perlomeno ci provavano e quando tornavano a casa, il loro modo di parlare sembrava molto strano ad amici e conoscenti e nascevano spassose ed esilaranti incomprensioni.

Un giovane era andato a fare il servizio militare, tornato a casa per una breve licenza, guardando, per caso, sotto al soffitto, vide che sotto ad una trave c’era una cacca di mucca e non si capacitava di ciò che vedeva.
Alla fine disse al padre: - Babbo, ma il bobbo come cacobbo là sotto? ( Babbo, ma il bove come fece a defecare là sotto?)
E il padre, che non capiva, rispose:- Che ritt? Ma comme ? Tu e parlat semp mundraunes e mò se po sapé comme parl?

Quando riuscì a capire, gli spiegò come era successo e cioè che prima di issare la trave sotto al soffitto, l’avevano rotolata per terra ed era passata sugli escrementi di un bovino, che vi erano rimasti appiccicati.

Grazie, come sempre a Clara Ricciardone e a suo nonno, Gregorio Papa.



martedì 7 marzo 2023

LA FESTA DELLA DONNA

 LA FESTA DELLA DONNA  è nata per commemorare la morte di 134 operaie,  avvenuta  nel 1857,  negli USA. Erano state rinchiuse dal padrone nel  capannone di una fabbrica per impedir loro di partecipare ad uno sciopero. 

Con il passar del tempo, però, questa festa  ha perso lo stretto legame con quell’episodio ed è rimasta come occasione per riflettere sulle conquiste sociali delle donne. 

La discriminazione e le violenze contro le donne di tutto il mondo sono sotto gli occhi di tutti e il cammino per la parità dei diritti è ancora molto lungo. 

La Festa della Donna è diventata, così,  un’occasione per festeggiare e celebrare degnamente la donna, quella creatura formidabile e meravigliosa, tante volte offesa, calpestata, vittima di femminicidio, umiliata in tutti i modi,  che deve lottare non poco per dimostrare quanto vale, quella donna che deve imparare  ad esser forte anche nella debolezza perché  sa di non avere alternative, che, se sconfitta, non si arrende mai,  che resiste al vento e alle tempeste, che sa accogliere ciò che la vita le  presenta  e far tesoro del prezioso bagaglio di esperienze, che sa cambiare,  trasformarsi  e adattarsi  a fatti e situazioni, che tante volte cade e si rialza, e sa rinascere dal dolore senza demordere mai. 

Sono le donne le vere guerriere, oggi, figlie, mogli, madri, sono quelle che si anticipano il lavoro, programmano,  perché tutto proceda, lavoro e famiglia, sono quelle che mettono sempre  il cuore in quello che fanno,  anche se sanno che prima o poi  se lo ritroveranno pugnalato, sono capaci di curare il corpo e anche l’anima,  sanno ascoltare , consigliare, incoraggiare,  ti sono vicine con la loro sensibilità e tenerezza,  si emozionano nel vedere un cielo stellato e  si soffermano incantate davanti alla bellezza di un fiore. 

Eppure da sempre  sono state considerate  esseri inferiori, anche se con  l’emancipazione femminile,  in alcuni Paesi più civili,   pare  abbiano conquistato la parità dei diritti.

 Penso, però,  alle donne   dei Paesi musulmani integralisti, che  vengono  calpestate ogni giorno nei diritti e nella dignità, sottoposte  a torture indicibili già dall’infanzia. Quanta forza devono trovare in se stesse per vivere o meglio sopravvivere in una società così retrograda e irrispettosa. Chissà se e quando riusciranno a togliersi quel velo per  far vedere il proprio volto e far valere i propri diritti.  

Penso a quelle   donne che nella vita devono portare certi pesi grossi come macigni più grandi di loro,  eppure lo fanno, con tanta paura ma con coraggio e caparbietà,  in silenzio, a testa bassa , piangendo lacrime amare, lo fanno e si sacrificano fino all’inverosimile per portare avanti le loro situazioni  perché c’è in gioco la loro dignità,   e ci riescono.

  Alla fine si chiedono come hanno fatto e si rendono conto di  quanto valgono perché sanno che devono ringraziare solo  se stesse, e solo alla fine imparano ad amarsi e ad apprezzarsi. 

Sarà per questo che il Signore,  quando ha creato l’uomo,  gli ha messo a fianco una creatura così: debole e forte, tenace, intelligente, perseverante, amorevole, sensibile, paziente, pronta ad aiutare, incoraggiare, supportare, un vero angelo senz’ ali e d’altra parte, sulla terra non c’era bisogno di  volare….

Auguro a tutte le donne del mondo che possano un giorno vedere riconosciuti i propri diritti di esseri umani e di poter realizzare i loro sogni e i loro progetti di vita. 

 Alle donne, tutte belle, al di là delle caratteristiche fisiche,   per i sogni che si portano dentro, per il sorriso, per le emozioni, per quella sensibilità tutta femminile,  alle donne piene di vita  e di calore, che hanno nello sguardo dignità e amore  per chi le sa guardare.  



mercoledì 1 marzo 2023

TEGN A MARZ

TEGN A MARZ: UNA TRADIZIONE MONDRAGONESE Da sempre si dice che Marzo è pazzo perché, pur essendo il primo mese della primavera, è caratterizzato da una grande variabilità metereologica.

Marzo era visto, una volta ma ancora oggi, come la coda dell’inverno e con il freddo poteva ancora causare febbre, tosse e raffreddamenti vari ed era per questo molto temuto nell’antica società contadina.

Quando ci si ammalava, l’ unico modo per difendersi era quello di stare al caldo, sotto al focolare e lì, inevitabilmente ci si sporcava e ci si tingeva di nero con la fuliggine, per questo si soleva dire che Marzo “ tingeva” ; allora, come per rivincita, si faceva un gesto, il 28 febbraio, il giorno prima dell’arrivo di Marzo, che qualcuno ancora compie, scherzoso e scaramantico, quello, cioè di prendere un tizzone spento e di tracciare un segno sulla parete interna del focolare, dicendo :

- Marzu pazz , prima che tu tigni a me, io te tegno a te!

Sembrerebbe un gesto irrazionale, che oggi potrebbe far sorridere ma occorre considerare che un tempo le malattie da raffreddamento non erano curabili come oggi e, se sottovalutate, si potevano trasformare in qualcosa di più serio e risultare fatali, c’era molta più paura al riguardo, che si cercava di esorcizzare come si poteva, anche con un gesto simile.

Da noi si dice anche:

Si Marz ‘ngrogna

Te fa zumbà l’ogne

cioè se Marzo si impunta e fa abbassare eccessivamente le temperature, ti fa saltare le unghie dal freddo.

Un altro gesto scaramantico era quello di tagliarsi una ciocca di capelli in questo mese sempre per scongiurare la malattie che marzo poteva procurare.