Un uomo confidò alla moglie che gli era nato “nu putrusin” nelle parti intime, proprio dove non si poteva vedere. ( Probabilmente si riferiva a qualche piccola escrescenza, chissà forse un foruncolo, che non sapeva definire in altro modo e scherzosamente l’aveva chiamato così). La moglie, un po’ preoccupata, ne parlò con la comare: - Cummà, sapit, accussì accussì … ma ve raccumann, nu lu ricite a nisciun! La comare, invece, ne parlò con un’altra comare e questa con un’altra ancora e così via, più si diffondeva la notizia, più ci si allontanava dal racconto iniziale e più cresceva il prezzemolo, da uno passò a due, poi ad un ciuffo, poi ad una pianta, tanto che, alla fine, era diventato un cespuglio talmente verde, bello e rigoglioso che le comari volevano “Ri putrusin pe fa le purpett!!!”
Il blog di Caterina Di Maio dedicato alle tradizioni locali, agli usi, costumi e racconti di Mondragone CE, curato e pubblicato da Esterina La Torre
domenica 13 agosto 2023
RI PUTRUSIN PE FA LE PURPETT
Questo simpatico racconto della tradizione mette l’accento sul pettegolezzo, le chiacchiere inopportune e malevoli, una consuetudine antica e sempre attuale, oggi definito anche gossip.
Ne parla anche Virgilio nel quarto libro dell’Eneide, dove, in breve, si racconta che durante una battuta di caccia scoppiò un violento temporale. Enea e Didone si dovettero rifugiare in una grotta e fu lì che si confessarono il loro amore, amandosi appassionatamente.
La fama dell’accaduto si diffuse dappertutto, arrivò fino a Iarba, re di Libia e figlio di Giove, pretendente di Didone, da lei rifiutato. Iarba pregò il padre Giove di punire Didone. Giove mandò ad Enea il suo messaggero a dirgli che doveva andar via. Enea a malincuore dovette ubbidire e quindi partire e Didone si suicidò per il dolore.
La Fama, per i Romani, era la messaggera di Giove, colei che ne diffondeva le notizie. Virgilio definisce la Fama un terribile uccellaccio più rapido di qualunque altra peste. “… celeri i piedi e le ali mobilissime… quante piume ha sul corpo, tanti vigili occhi ha di sotto, tante lingue , tante bocche ripetono, tanti orecchi si drizzano. Di notte vola, né chiude al sonno le palpebre, di giorno vigile, siede o sul culmine di un tetto o in vetta alle torri, sgomenta grandi città…”
Il terribile uccellaccio della Fama, un mostro capace di seppellire sotto quintali di fango la dignità di un essere umano in pochi istanti, colpevole o innocente che sia.
A Mondragone, a tal proposito , si usa dire: - A gent? Na vot te fann saglie ‘nciel e na vot te fann scegn ‘nterra”! Io aggiungerei che, quando ci si mettono, sono capaci di mandarti anche sotto terra.
Anche Papa Francesco ha affrontato varie volte l’argomento, definendo il pettegolezzo “il chiacchiericcio, una peste peggiore del Covid” ed aggiunge che la pedagogia suggerita da Gesù, quando un fratello sbaglia, è quella del recupero, non l’accusa o la condanna.
Grazie come sempre alla carissima Clara Ricciardone
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