In passato si credeva che nella notte tra il primo e il due novembre i Morti ritornassero, in processione, nelle loro case, tra i propri familiari e che vi rimanessero fino all’Epifania.
Per questo c’è un detto che dice:
“Le fest iessen e venessen
Ma Pasca Epifania nun mai veness”
Perché i Morti, in quella data, dovevano andar via ma non volevano mai separarsi dai loro cari.
(L’Epifania è considerata la prima Pasqua, la seconda è la Pasqua di Resurrezione, la Pentecoste è la terza, detta anche Pasqua rosata)
Nella notte di Ognissanti si accendeva una candela per far luce alle anime che ritornavano sulla Terra, e sulla tavola, si metteva un piatto con il pane e il bicchiere con l’acqua per permettere al defunto di rifocillarsi dopo il lungo viaggio.
A tale proposito riporto un racconto riferitomi stamattina.
Ad una mamma era morta una figlia giovane. La donna piangeva giorno e notte e non riusciva a darsi pace.
Arrivò il primo novembre e lei sapeva che doveva passare la processione dei Morti, si mise fuori al portone ad aspettare, per vedere la figlia. La processione passò ma la figlia non c’era.
Mentre aspettava guardò in lontananza e la vide, con una brocca sulle spalle, che camminava e si affaticava perché la brocca era pesante.
Quando si avvicinò, la madre le disse: - Figlia mia, io t’apettav, pecché nun stiv mmiez agl’at?
La giovane buttò a terra la brocca piena di lacrime ed esclamò: - Pe colpa toje nun pozz sta mmiez all’assemblea! Bast! Nun cia faccio cchiù!
La donna capì, e da allora non pianse più, pregava soltanto per l’anima della figlia.
La perdita di una persona cara è sempre un evento traumatico, ci vuole tempo per accettarla e solo stando in quel dolore per tutto il tempo necessario, ma non oltre, si può riflettere su ciò che è accaduto e trovare la forza di andare avanti.
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