A quanto pare, dell’antico Carnevale contadino, non sono rimaste solo lasagne e tabacchere ma anche il caro Carnevale “scialone scialone”.
Grazie a Stefanuccio che continua le nostre tradizioni.(Foto di Angelo Razzano)
IL CARNEVALE SCIALONE SCIALONE DELLA TRADIZIONE MONDRAGONESE
Il Carnevale è una festa legata alla religione cristiana e collegato alla Quaresima e alla Pasqua.
Il termine Carnevale deriva dal latino carnem levare cioè eliminare la carne perché in Quaresima c’era il divieto di mangiare carne.
Se oggi è proibito mangiare carne solo il Mercoledì delle Ceneri e il Venerdì santo, una volta era proibito per tutta la Quaresima.
Ecco perché il Martedì di Carnevale era l’ultimo giorno in cui si poteva allestire un banchetto e abbuffarsi prima del periodo di astinenza e digiuno quaresimale.
La Quaresima era il periodo peggiore dell’anno, il freddo aumentava nel periodo di fine inverno, era proibito cantare e ballare, i coniugi non potevano avere rapporti sessuali, le carni erano bandite dalla tavola, le uova si dovevano conservare per la Pasqua e quindi non si potevano mangiare. Le aringhe, lo stoccafisso e il baccalà comparivano perlopiù sulla tavola contadina come secondi piatti, insieme a sarde e alici oltre alle zuppe fatte con ortaggi, legumi, erbe di campo e tanta verdura, soprattutto broccoli .
Si diceva infatti:
“ Vruocc(o)l de rap e vruocc(o)l de foglie
e a Quaresima s’arravoglia”
Ecco perché prima della Quaresima era previsto un periodo per soddisfare tutte le voglie, e i peccati di gola ed erano permessi come anche tutti i comportamenti trasgressivi, la libera espressione, il mascheramento ecc purché confinati in un ambito spazio temporale decretato dalla tradizione, quello appunto del Carnevale.
La tradizione popolare mondragonese ha personificato questo periodo dell’anno con il personaggio di Carnevale scialone scialone, un fantoccio riempito di paglia con l’aspetto tipico di un uomo, pressappoco un contadino delle nostre zone.
Carnevale veniva definito scialone scialone perché veniva visto dalla gente come un uomo gaudente, che pensava solo a mangiare e a dissipare. Dalle tasche e dal taschino ancora fuoriescono pezzi di salsiccia e ventresca, che non aveva finito ancora di mangiare.
Nel nostro dialetto scialare vuol dire godere in abbondanza, senza limiti e misure, di qualcosa. Si può scialare, ad esempio, di denaro, di sonno, di vino ecc, nel caso del cibo scialare vuol dire mangiare a dismisura, senza freni ed è per questo che Carnevale muore.
La parola scialone viene da scialare, verbo che deriva dal latino (e)xhalare, che vuol dire espirare, emettere, cioè metter fuori tutto, si dice infatti “ha esalato l’ultimo respiro” e da qui consumare tutto, spandere con larghezza, in maniera illimitata.
Il pupazzo, simbolo del nostro Carnevale, veniva messo seduto fuori ai portoni, con il giornale in mano, il cappello in testa e la pipa in bocca. Tutti i passanti si soffermavano e fingevano di piangere la sua morte.
Nel lamento funebre si fingeva di chiedere a Carnevale perché fosse morto come se non se ne conoscesse il motivo ma poi lo si derideva, dicendo che si era venduto perfino i pantaloni per il cibo.
Prima della morte diversi medici erano venuti al capezzale del moribondo per individuare la causa del suo malore.
Al caro Carnevale si cantava così:
Carnevale pecché si muorto?
E manneggia chi t’è muorte!
Di gioia di gioia
e chille mo more e chille mo more e collera! Rit.
Carnevale scialone scialone
S’è ‘mpignato ru cauzone
Di gioia di gioia…..
Carnevale scialone scialone
Sa cacat ru cauzon
Di gioia di gioia…
Si sapevo che tu murive
T’accerev n’ata gallina
Di gioia di gioia……
E’ venut ru mierec de Casanov
A ritt che Carneval mo se mor
Di gioia di gioia…
E’ venut ru mierec deTraett (antica Minturno)
A ritt che Carneval ten ru mal ‘mpiett
Di gioia di gioia…
E’ venut ru mierec de Sparanis
A ritt che Carneval mo mor accis
Di gioia di gioia …
E’ muort è muort,
E ancor ncriccat ru ten!(allusione)
Ru che?Ru che? Ru cuoppl ncap!
Di gioia, di gioia…
A piangere la morte di Carnevale, tra gli altri, c’era anche la moglie, la Quaresima, una donna alta, magra e denutrita, tutta vestita di nero, simbolo delle privazioni, della penitenza e del digiuno quaresimale, che rappresenta.
Verso sera il pupazzo di Carnevale veniva caricato su una “trainella ”e portato per le strade del paese accompagnato da finti ed esagerati lamenti e pianti di persone travestite. La festa si concludeva con il dare fuoco al fantoccio e questo costituiva anche un augurio per il nuovo anno da poco iniziato.
(La trainella era un piccolo calesse, un veicolo a due ruote per il trasporto di persone, generalmente trainato da un asino ma veniva anche portato a mano per il trasporto di merci, quali farina, fagioli ecc)
Grazie alla sig.ra Marianna Campanile
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