D(E) (E)STAT SICCA VIETT .... CHE DE VIERN SO CUNFIETT
D’estate secca i rametti della vite con i grappoli d’uva perché d’inverno gli acini diventano dolci come confetti e cioè buoni da mangiare.
Il termine “viett” , che significa rametti, è detto in questo modo per fare rima con “cunfiett”, ma in realtà il termine mondragonese originario è “vett”.
Questo detto ci riporta a quando non c’erano ancora i frigoriferi, congelatori ed altri mezzi moderni di conservazione dei prodotti agricoli.
C’era l’usanza di seccare l’uva per farne l’uva passa ma non solo, anche le bucce dei meloni per friggerle a Natale, le bucce dei fichi d’India, si seccavano i pomodori, le melenzane da mettere sott’olio, i semi di zucca, i fichi , tutto ciò che era possibile seccare per poterlo avere poi d’inverno.
L’essiccazione è stato sempre il metodo più antico di conservazione, il sole e il vento hanno permesso alle generazioni passate di preparare scorte durature di vari prodotti per l’inverno.
Si coprivano i prodotti dagli insetti con dei veli a fori piccoli , tipo tulle. Il problema era quello che la pioggia non li bagnasse e bisognava mettere tutto al sicuro prima che incominciasse a piovere.
Al calar del sole, per evitare l’umidità notturna, si ritiravano i prodotti in casa e si rimettevano al sole il giorno dopo.
Il termine “vett” viene dal latino “vectus”, che significa condotto , trasportato, che a sua volta viene dal verbo veho-is- vexi- ctum – vehere, che vuol dire condurre, avanzare, trasportare.
“Ru vett” si riferisce al ramo o tralcio della vite, che dal fusto della pianta, attaccato ad un palo, viene accompagnato con delicatezza dal contadino in una direzione e quindi condotto, trasportato, allungato ed appoggiato quasi spontaneamente su dei fili – guida, a cui si aggrappa, come si può osservare nei vigneti.
Con il tempo poi il termine è passato ad indicare anche i rami tagliati, gli scarti di potatura della vite ed anche i rami secchi.
Si dice anche “Mitt ru vett rent a ru purtus” cioè “Metti un rametto nel buco” sia per ricordarsi di qualcosa come quando per lo stesso motivo si facevano i nodi al fazzoletto ma anche come punto di riferimento.
E’ sempre bello scoprire come una semplice parola del nostro dialetto ci possa riportare indietro nel tempo, alla lingua dei nostri antenati, il latino, che ancora continua a vivere nella nostra e come questo termine ci possa catapultare all’improvviso nell’antica Sinuessa, alla coltivazione della vite, allora molto fiorente, al vino Falerno, alle nostre origini.
Grazie alla sig.ra Carmela Filosa, che mi ha spiegato questo antico modo di dire.
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