Ecco a voi la ricetta della pastiera di tagliolini, definita dagli amici: “la sublime”, la “delicata pasquale”.
Per fare la nostra pastiera occorre fare i tagliolini a mano con uova preferibilmente “di casa” perché hanno un altro sapore; da noi si dice così per indicare uova di galline, allevate dal contadino, per intenderci, che ancora scorrazzano libere e felici in campagna, non le uova del supermercato. Qualcuno fa anche la pastiera con i capellini della Barilla ma il risultato non è lo stesso, vi assicuro. Fare i tagliolini a mano è facile perché oggi ci sono le macchinette per tirare la pasta e non è necessario fare la sfoglia a mano come un tempo.
Si inizia con l’impastare uova e farina, un uovo assorbe un po’ meno di 100 grammi di farina, dipende dalla grandezza dell’uovo. Ad ogni modo occorre fare un impasto sodo e compatto, non molle perché poi, quando lo si va a stendere tra i rulli della macchinetta, non si deve aggiungere più farina. Dall’impasto si otterranno circa 100 grammi di tagliolini. Si fa riposare l’impasto qualche ora, poi se ne passa un pezzetto alla volta nella macchinetta, ricavandone delle strisce, che vanno assottigliate dal numero 1 al numero 5, il penultimo della macchinetta, poi si mettono ad asciugare.
Per poter ritagliare i tagliolini con la macchinetta, la pasta non deve risultare troppo secca altrimenti si rompe, né troppo umida altrimenti i tagliolini si attaccherebbero fra di loro e avrebbero bisogno di farina, che invece non va più aggiunta, dovranno essere quasi asciutti e gialli come l’oro.
Una volta tagliati i tagliolini, si mettono a seccare qualche giorno ma anche di meno, appena secchi sono pronti.
Si cuociono,poi, in acqua bollente salata, non molta acqua, la quantità giusta perché una volta cotti, si lascia dentro quel poco di acqua che rimane, che serve a non far asciugare troppo la pastiera durante la cottura, che è lunga e lenta, circa un’ora a 180°.
Quando i tagliolini sono ancora bollenti vi si versa lo zucchero e si rigira con un mestolo per farlo sciogliere e poi si aggiungono gli aromi: buccia di limone grattato (a me piace il limone appena colto dalla pianta ma quando non è possibile, basta utilizzare limoni freschi e non trattati), vaniglia e un pizzico di cannella, non troppa per non scurire i tagliolini, pezzetti di frutta candita, un po’ di liquore a piacere, acqua di fior d’arancio o di millefiori a piacere e una noce di strutto o burro.
Quando si raffreddano i tagliolini, si aggiungono le uova sbattute.
Lo zucchero deve essere proporzionato alle uova che si andranno ad aggiungere, 50 grammi per ogni uovo.
Gli antichi dicevano che in ogni uovo di tagliolini, cioè in 100 grammi di tagliolini andavano aggiunte 10 uova; oggi, avendo un po’ rivisitato la ricetta perché troppo ricca di uova, se ne aggiungono 5.
Ricapitolando, in 100 grammi di tagliolini ancora bollenti si aggiungono 250 grammi di zucchero( 50 per uovo) e quando si raffreddano, 5 uova.
Con questa dose viene una pastierina di medie dimensioni, la dose ovviamente si può raddoppiare, triplicare ecc.
A chi piace un po’ più dolce può aggiungere un po’ di zucchero o qualche uovo in più o in meno ma orientativamente queste sono le dosi.
Si stende, poi, la pasta frolla, preparata in anticipo, su cui non mi dilungo perché penso che tutti conoscano la ricetta, si fodera lo stampo, vi si versa il ripieno e si decora con le striscioline di frolla, le “ziarelle”, dopo di che va in forno.
Ricordo che mia madre faceva una pastiera molto semplice, senza canditi, senza liquore , solo profumo di limone, di cannella e vaniglia, era dolce ma non in maniera esagerata, delicata e innocua; c’ era proprio, nel gusto, una leggerezza e una semplicità, senza frode e senza inganni, la si poteva dar da mangiare a un bambino piccolo, appena svezzato, senza recargli alcun danno; era una proprio una “santa” pastiera, anche se la qualità è impropria per un dolce, anzi una “santarella”; ad essa sono legati i sapori della mia infanzia, che non sono più riuscita a ritrovare proprio uguali, pur mangiando la pastiera ogni anno.
Spero che proverete in molti a fare la nostra pastiera, che non resti solo patrimonio culturale di Mondragone ma del mondo.
Per fare la nostra pastiera occorre fare i tagliolini a mano con uova preferibilmente “di casa” perché hanno un altro sapore; da noi si dice così per indicare uova di galline, allevate dal contadino, per intenderci, che ancora scorrazzano libere e felici in campagna, non le uova del supermercato. Qualcuno fa anche la pastiera con i capellini della Barilla ma il risultato non è lo stesso, vi assicuro. Fare i tagliolini a mano è facile perché oggi ci sono le macchinette per tirare la pasta e non è necessario fare la sfoglia a mano come un tempo.
Si inizia con l’impastare uova e farina, un uovo assorbe un po’ meno di 100 grammi di farina, dipende dalla grandezza dell’uovo. Ad ogni modo occorre fare un impasto sodo e compatto, non molle perché poi, quando lo si va a stendere tra i rulli della macchinetta, non si deve aggiungere più farina. Dall’impasto si otterranno circa 100 grammi di tagliolini. Si fa riposare l’impasto qualche ora, poi se ne passa un pezzetto alla volta nella macchinetta, ricavandone delle strisce, che vanno assottigliate dal numero 1 al numero 5, il penultimo della macchinetta, poi si mettono ad asciugare.
Per poter ritagliare i tagliolini con la macchinetta, la pasta non deve risultare troppo secca altrimenti si rompe, né troppo umida altrimenti i tagliolini si attaccherebbero fra di loro e avrebbero bisogno di farina, che invece non va più aggiunta, dovranno essere quasi asciutti e gialli come l’oro.
Una volta tagliati i tagliolini, si mettono a seccare qualche giorno ma anche di meno, appena secchi sono pronti.
Si cuociono,poi, in acqua bollente salata, non molta acqua, la quantità giusta perché una volta cotti, si lascia dentro quel poco di acqua che rimane, che serve a non far asciugare troppo la pastiera durante la cottura, che è lunga e lenta, circa un’ora a 180°.
Quando i tagliolini sono ancora bollenti vi si versa lo zucchero e si rigira con un mestolo per farlo sciogliere e poi si aggiungono gli aromi: buccia di limone grattato (a me piace il limone appena colto dalla pianta ma quando non è possibile, basta utilizzare limoni freschi e non trattati), vaniglia e un pizzico di cannella, non troppa per non scurire i tagliolini, pezzetti di frutta candita, un po’ di liquore a piacere, acqua di fior d’arancio o di millefiori a piacere e una noce di strutto o burro.
Quando si raffreddano i tagliolini, si aggiungono le uova sbattute.
Lo zucchero deve essere proporzionato alle uova che si andranno ad aggiungere, 50 grammi per ogni uovo.
Gli antichi dicevano che in ogni uovo di tagliolini, cioè in 100 grammi di tagliolini andavano aggiunte 10 uova; oggi, avendo un po’ rivisitato la ricetta perché troppo ricca di uova, se ne aggiungono 5.
Ricapitolando, in 100 grammi di tagliolini ancora bollenti si aggiungono 250 grammi di zucchero( 50 per uovo) e quando si raffreddano, 5 uova.
Con questa dose viene una pastierina di medie dimensioni, la dose ovviamente si può raddoppiare, triplicare ecc.
A chi piace un po’ più dolce può aggiungere un po’ di zucchero o qualche uovo in più o in meno ma orientativamente queste sono le dosi.
Si stende, poi, la pasta frolla, preparata in anticipo, su cui non mi dilungo perché penso che tutti conoscano la ricetta, si fodera lo stampo, vi si versa il ripieno e si decora con le striscioline di frolla, le “ziarelle”, dopo di che va in forno.
Ricordo che mia madre faceva una pastiera molto semplice, senza canditi, senza liquore , solo profumo di limone, di cannella e vaniglia, era dolce ma non in maniera esagerata, delicata e innocua; c’ era proprio, nel gusto, una leggerezza e una semplicità, senza frode e senza inganni, la si poteva dar da mangiare a un bambino piccolo, appena svezzato, senza recargli alcun danno; era una proprio una “santa” pastiera, anche se la qualità è impropria per un dolce, anzi una “santarella”; ad essa sono legati i sapori della mia infanzia, che non sono più riuscita a ritrovare proprio uguali, pur mangiando la pastiera ogni anno.
Spero che proverete in molti a fare la nostra pastiera, che non resti solo patrimonio culturale di Mondragone ma del mondo.
Grazie a Pina Di Matteo
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