mercoledì 7 aprile 2021

LA SETTIMANA SANTA A MONDRAGONE


LA SETTIMANA SANTA A MONDRAGONE Il giovedì santo iniziava il triduo della Passione. Era il giorno in cui il sacerdote andava a benedire le case e al sagrestano che lo accompagnava o ai chierichetti le massaie davano in cambio non soldi in offerta ma uova, che avevano in abbondanza e che mettevano da parte per tutta la Quaresima per fare le pastiere.
Le funzioni religiose iniziavano una volta come oggi con la Messa “In cena Domini” in cui si ricorda l’ultima cena di Gesù con gli Apostoli, con il rito della lavanda dei piedi e l’istituzione dell’Eucarestia: al termine della Messa, il sacerdote portava l’Eucarestia all’altare della Reposizione, dove cioè veniva riposta e conservata.
Esso viene detto, secondo la tradizione, “Sepolcro”, che dal punto di vista etimologico significa custodia di un corpo senza vita, anche se Gesù la sera del giovedì santo non era ancora morto, quindi, è come se la pietà popolare in quel giorno preparasse il sepolcro a Cristo, un sepolcro degno di Lui, dell’adorazione dei fedeli, adorno di piante e fiori, profumato.
Secondo una tradizione antica e ancora molto viva, per adornare l’altare della Reposizione i fedeli preparavano piattini e ciotole con germogli di grano, teneri e sottili, dal colore giallino.
All’incirca tre settimane prima si mettevano a germogliare i semi di grano su dell’ovatta bagnata, con l’accortezza di farli crescere al buio dentro un mobile perché crescessero di un colore giallino chiaro, spruzzandoli a giorni alterni con dell’acqua. Venivano poi adornati , prima di portarli in chiesa, con nastri o carta crespa e con viole , fresie,bocche di leone ed altri tipi di fiori.
Le piantine venivano offerte con spontaneità dal popolo, quale dono umile e sincero con cui si voleva rendere omaggio a Cristo. Esse ricordano oggi come un tempo il miracolo della morte e Risurrezione di Gesù ed è chiaro il riferimento alle parole del Vangelo “In verità in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo , se invece muore produce molto frutto” ( Gv 12, 20-23).
I germogli hanno un chiaro significato augurale e un loro preciso simbolismo: come dal seme lasciato a macerare al buio rinasce la vita, così rinasce la vita di Gesù, con la Resurrezione, dopo essere passata attraverso le tenebre della morte.
Dopo la Messa aveva inizio la visita ai Sepolcri allestiti in tutte le chiese, che rimanevano aperte fino a notte fonda. Era consueto fare lo struscio per andare in chiesa cioè fare la passeggiata nel piacevole clima delle serate primaverili: famiglie intere si riversavano per strada, compresi i fidanzati, che una volta camminavano scortati e guardati a vista da tutta la famiglia.
L’origine di tale espressione risale all’epoca settecentesca quando a Napoli Ferdinando I di Borbone emanò un bando in cui si vietava a via Toledo la circolazione di carrozze, carri e cavalli perché la via era presa d’assalto dalla popolazione proprio per adempiere a tale usanza. La calca e le lunghe code di gente in attesa per entrare in chiesa inducevano tutti a procedere a un passo talmente lento che si procedeva strisciando i piedi per terra, provocando un rumore caratteristico detto “struscio”.
Altri invece associano lo “struscio”alle persone che entrando e uscendo dalle chiese indossavano abiti nuovi per l’occasione e le stoffe ancora rigide si urtavano strofinandosi fra di loro. Per l’occasione, infatti, le persone abbienti si facevano confezionare abiti nuovi da indossare facendo sfoggio di eleganza al contrario del messaggio di umiliazione e penitenza che la Passione e Morte di Gesù voleva trasmettere a tutti.
A Mondragone , anticamente, il Giovedì Santo si recitava una preghiera, frutto della devozione popolare:
Oggi è gioverì santo,scegne Maria da ri munn amienti(parola non identificata, potrebbe significare dagli alti monti)
scegn chiagnenne e suspirenne
ricenn : -Ru figliu mio è morto
dov’è la croce che sei morto?
Subbuluco glorioso di regno e divinoso (divino)
‘nterra ce stanno le 24 ore
mentre ru visitammo, tutto de lacrime ru bagnammo
de lacreme e de dulore , ricimmo n’atto de dulore
Dopo il Giovedì Santo le campane non potevano più suonare e venivano legate perché era tempo di penitenza e di preghiera; al loro posto si usava la traccola, uno strumento di legno a cui si attaccavano delle maniglie mobili di ferro per produrre rumore; a mezzogiorno, per le strade del paese un ragazzino passava agitando lo strumento, che ancora oggi viene utilizzato ma solo per le processioni pasquali ormai, facendo sentire il caratteristico rumore.
Nel giorno del Venerdì Santo, poi, predominava, ieri come oggi, il raccoglimento, la meditazione. L’oscurità nelle chiese era totale, tutto era silenzio e riflessione nell’attesa del grande evento della Resurrezione.
Da non perdere per i fedeli c’erano, come sono rimaste immutate tutt’oggi, le due processioni della mattina e della sera e le funzioni religiose del pomeriggio.
Nel giorno del Sabato Santo, poi, nel clima di attesa, l’impegno era diviso tra le processioni e la preparazione delle pastiere. In questo giorno si scioglievano le campane verso mezzogiorno e tutti, ovunque si trovassero, si mettevano faccia a terra.


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