giovedì 8 aprile 2021

LA SETTIMANA SANTA A MONDRAGONE

Una volta, la Settimana Santa, a Mondragone veniva vissuta come un tempo di tristezza e di lutto: il pensiero di quello che Gesù aveva sofferto era dominante e si avvertiva nell’aria; anche se contemporaneamente tutto veniva preparato per la festa di Pasqua non si rideva e non si scherzava, non si

facevano schiamazzi, tutto si faceva in maniera sommessa, era tempo di silenzio e meditazione; anche la radio fino agli anni ’60 non seguiva la normale programmazione ma trasmetteva in quei giorni solo musica sinfonica.
Erano giorni impegnativi, così come oggi, da dividere tra le processioni, le funzioni religiose , la preparazione dei dolci di rito per la Pasqua , i regali ecc.
Anche nel mangiare si rispettava la Settimana Santa, non si indugiava nel preparare pranzi né ricchi né elaborati ma si prediligevano, in segno di penitenza, pasti semplici e poveri, come i fagioli, le cicorie di campo o le spezzatelle, castagne secche che venivano lessate come i fagioli e mangiate in purezza oppure miste al riso.
In particolare nel giorno di Venerdì Santo non solo ci si asteneva dalla carne ma si mangiava in maniera molto frugale e in segno di lutto non si metteva né la tovaglia a tavola né si spazzava il pavimento.
I riti sacri erano davvero molto seguiti nel nostro paese ma c’è da dire che anche nel preparare le prelibatezze pasquali ci si impegnava tanto.
Generalmente nella mattina del Giovedì Santo si faceva il “Pane di Pasqua” e con esso il tortano, un ciambellone di pane con le uova incastonate sopra e le pigne per i bambini della famiglia e per i figliocci . La pigna consisteva in un rotolino di pasta di pane incrociato a x, a formare un fiocco, nel foro centrale veniva messo l’uovo, che cuocendo diventava sodo. Naturalmente si raccomandava ai bambini di non mangiare le pigne prima della benedizione o ne sarebbe uscito il verme.
Il Giovedì Santo pomeriggio si facevano i tagliolini all’uovo per fare le pastiere, per noi le pastie, termine dal suono semplice, evocativo di quella semplicità che la nostra pastiera ha rispetto a quella di grano ma che non ha nulla da invidiare ad essa per bontà, pur essendo quella di grano molto più elaborata. Le massaie mondragonesi, grandi esperte, avvezze all’uso del mattarello fin da piccole, facevano a gara a tirare le grandi sfoglie gialle, tonde e perfette come se fatte con il compasso, tanto sottili da sembrare quasi trasparenti e le mettevano ad asciugare; quando erano al punto giusto né troppo secche né troppo umide, le arrotolavano e le tagliavano in fili sottili, i cosiddetti tagliolini, che mettevano ad asciugare.
Il venerdì Santo a sera si cuocevano i tagliolini per far sì che avessero tutta la notte per raffreddarsi e si aggiungeva subito lo zucchero per far in modo che si sciogliesse bene e un po’ di sugna.
La mattina dopo si preparava la pasta frolla che facesse da contenitore ai tagliolini; chi non aveva molte uova al suo posto preparava la colla , che era fatta da acqua, zucchero e farina, che si spalmava sul fondo della tortiera e la pastiera non si attaccava. Poi si sbattevano le uova da versare nei tagliolini e se ne rompevano davvero tante, si contavano a vintane,cioè a ventine poiché le nostre pastiere sono molto ricche di uova, addirittura le nostre nonne dicevano che per ogni uovo di tagliolini, cioè per la quantità di tagliolini ottenuti con un uovo e circa un etto di farina si dovevano versare dentro ben 10 uova; oggi, con la rivisitazione della ricetta, resa più attuale e leggera, il numero di uova è diminuito e per ogni uovo di tagliolini si versano dentro 2/3 uova.
Si aggiungevano poi gli aromi: buccia di limone grattato, vaniglia , cannella e un po’ di liquore e frutta candita, una fogliolina augurale di palma benedetta al centro e sopra le ziarelle, ossia le striscioline di pasta tagliate con la rotella dentata e disposte sopra la pastiera a formare una grata.
Il nostro rustico pasquale era la pizza con la salsiccia, che aveva al suo interno la salsiccia della composta (Con il termine composta ci si riferisce alla salsiccia ma anche altre parti del maiale come soppressata, lingua ecc. conservata nei vasetti sotto la sugna o nell’olio), uova sbattute e formaggio pecorino a fette.
Da ogni cortile si spandeva per l’aria quel buon profumo ora di pane ora di pastiere ancora in forno, che andava a stuzzicare la memoria olfattiva, ricordando a tutti che la Pasqua era arrivata. Nella mattinata del Sabato Santo il sacerdote veniva a benedire tutto il ben di Dio preparato e solo allora i bambini potevano assaggiare le pigne ma questa seconda benedizione si faceva quando i rioni erano molto più piccoli di adesso e le case raggruppate nei cortili si potevano contare.
Anche oggigiorno la Settimana Santa vede i Mondragonesi molto impegnati: gli appuntamenti con le processioni, le funzioni religiose, i dolci rituali da preparare, i regali e così via; tutto va fatto, niente lasciato al caso, ogni cosa ha il suo perché, sia sacra che profana.

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