Tanto tempo fa, nel mese di agosto, nel periodo in cui nella campagna le piante di fagioli sono ormai secche e vanno scavate, una ragazza del rione san Francesco, di nome Iduccia, andò a chiedere per conto di una sua zia , a quattro amiche del vicinato, se volevano andare a fare la “matinata”, cioè a scavare i fagioli. (Era chiamata la “matinata” perché si lavorava solo per alcune ore del mattino, non tutta la giornata, il compenso ovviamente era un po’ inferiore) Iduccia era una ragazza simpatica e benvoluta nel vicinato, dal carattere allegro e irruente, ma imprecisa e poco attenta nel comportamento, si direbbe un po’ grossolana. Le ragazze chiesero il permesso ai genitori, i quali acconsentirono.
Nell’antica società contadina anche le ragazze andavano “a giornata” e percepivano il compenso; aiutavano nei lavori agricoli meno pesanti come scavare i fagioli , raccogliere i fagiolini , i pomodori, il granturco, tagliare l’uva mentre c’erano lavori più pesanti destinati agli uomini come mietere il grano, zappare, prussiare (arare) ecc.
Le amiche si accordarono per il giorno dopo, ovviamente bisognava andare presto, prima dell’uscita del sole, altrimenti avrebbe fatto troppo caldo ma anche perché le piante ormai secche andavano scavate con l’aria fresca e con l’umidità della notte altrimenti sotto il sole forte si sarebbero frantumate, facendo fuoriuscire tutti i fagioli, che sarebbero andati persi, cadendo nel terreno.
La sera le ragazze andarono a letto presto sapendo che si dovevano alzare di buon mattino. Avevano fatto appena qualche ora di sonno che si sentirono chiamare da Iduccia sottovoce per non svegliare gli altri che dormivano. I genitori che erano già al corrente, pur avendo sentito, continuarono a dormire.
Si alzarono in fretta ma nessuna guardò l’orologio tantomeno l’aveva guardato Iduccia. Si avviarono a piedi ed era talmente buio che solo con la luce della luna riuscivano a vedere dove andavano.
Il fatto strano era che per la strada non incontrarono anima viva, né un carretto che si avviava in campagna né qualcuno a piedi; d’altra parte, erano tempi tranquilli e non c’erano i pericoli di adesso.
Tra una chiacchiera e l’altra raggiunsero la zona di Pantano, dove si trovavano i terreni della zia.
Arrivate a destinazione, si misero subito al lavoro , scavavano le piante di fagioli e poi li ammucchiavano ordinatamente per quando sarebbero venuti a caricarli.
Era talmente buio che solo con la luce della luna riuscivano a vedere le piante da scavare . E scava e scava il lavoro sembrava non finire mai, erano ben due moggi di terreno.
Ogni tanto guardavano in alto e si chiedevano come mai il sole tardasse tanto a spuntare ma niente, la luna era sempre lì a far loro compagnia, non se ne voleva proprio andare.
E dagli e dagli, si dettero tanto da fare da finire tutto il lavoro. Quando si incamminarono per tornare a casa,incominciava a spuntare l’alba e si vedeva arrivare qualche carretto, videro anche la zia che arrivava a piedi e che chiese loro perché se ne stessero andando, visto che dovevano scavare i fagioli.
Quando loro risposero che avevano già fatto tutto, la zia le guardava incredula, le ragazze si guardavano tra di loro tutte stralunate, infine si rivolsero a Iduccia: - Ma se po sapé a che or ce venut a chiamà? Nuje t’ammu ritt vers l tre, l quatt!
E lei: - Aé , ma che jate truvenno, le tre , le quatt, le cinche, ma che ne saccio mò !
E qualcuna disse: - Ma sta scelita! Invece da matinata ce fatt fa a nuttata ‘ncampagn?Ah,che te pozzeno! E tutte a ridere.
Quando arrivarono a casa le mamme che si erano rese conto dell’errore , si fecero trovare sull’uscio di casa tutte preoccupate e arrabbiate. – Qualcuna di loro disse: - Ma si può sapere a che ora ve ne siete andate? Guai a voi se un’altra volta andate appresso a quella lì!
Ma tutto finì lì, non fu data al fatto più importanza del dovuto; l’episodio, però, restò ben impresso nella memoria delle amiche di Iduccia.
Ringrazio vivamente la sig.ra Vincenzina Marta per avermi raccontato questo simpatico aneddoto.
Nessun commento:
Posta un commento