Una moglie diceva sempre al marito che lo amava tanto e che se lui fosse morto, non avrebbe voluto più vivere, che piuttosto avrebbe voluto morire lei al posto suo. Il marito, un giorno, ne parlò con il compare, dicendo: - Cumpà, teng na muglier che me vo ben cchiù da vita soja, che nun vo campà senz d me,figur(a)t(i) che vuless murì ess a ru postu mij! E il compare, che era l’amico più fidato, suo fedele consigliere, rispose: - Eh cumpà, jammece chian, s’adda semp v(e)ré! Putimm fa na prov, tu fa fint che si muort che po ce pens io! Il marito lo prese in parola e un giorno finse di sentirsi male e di morire. La moglie, costernata e tutta impaurita, chiamò amici e parenti e, vestito il finto morto, lo deposero sul letto e iniziarono la veglia funebre. Arrivata la sera, mentre tutti al buio vegliavano la salma, l’ingegnoso compare accese una candela e la fissò sul guscio di una tartaruga, mandando la bestiola verso la moglie, la quale, vedendo solo la lucina che andava verso di lei e pensando che fosse la Morte che veniva a prendere il marito, disse: - Sta llà! Sta llà! Sta llà! , cercando di indirizzare la luce verso di lui. E il marito , aprendo gli occhi: - Ah, ma tu non vuliv murì a ru postu mio? Era chest lu ben che me vuliv?
( Ringrazio la mia amica Marisa Improta, mondragonese di nascita ma residente a S. Pietro al Tanagro (SA) per questo episodio, che raccontava la sua mamma, la nostra cara “comm Amalia”, a cui piaceva tanto raccontare storie , anche quando andavano in campagna a vendemmiare, facendo divertire tutti)
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