martedì 12 ottobre 2021

ZI VICIENZ ‘NCOPP O POLLIC(E)


Era un uomo non molto alto, occhi azzurrissimi e capelli neri ricci e ribelli, per nulla curati, buffo nel modo di camminare e nel comportamento. Viveva, come si direbbe oggi, alla giornata, da “barbone”, sempre sporco e malconcio. Quando, nell’antica società contadina, in ogni famiglia si faceva il pane nel forno a legna, lui andava in montagna a raccogliere fasci di legna da ardere su commissione per pochi soldi ma si adattava a fare qualunque altro lavoretto gli venisse richiesto e chi gli dava un piatto di minestra o un po’ di pane o qualche indumento vecchio.
Aveva il vizio del bere e per questo i ragazzi, quando lo vedevano, lo canzonavano e alzando il pollice come per indicare l’atto del bere, gli dicevano:- Zi Vicié, ‘ncopp o pollic(e) !!! Lui si arrabbiava tantissimo e li rincorreva. Una volta, in piazza, dei ragazzi , acchiappandolo da dietro, a sorpresa, lo sollevarono in alto, gridando:- Zi Viciè, ‘ncopp?! Lui, come faceva di solito, diede in escandescenze: - Disgrazziat! Disgrazziat!...
Quali saranno state le vicissitudini che lo spingevano a vivere così ormai non ci è dato più sapere ma le battaglie che combatteva ogni giorno per vivere o meglio per sopravvivere quando c’era tanta povertà, possiamo immaginarle.
Un volto “vero” non una maschera, come direbbe Pirandello, rimasto impresso nella memoria popolare non solo perché era lo spasso dei ragazzi, che lo sfottevano per puro divertimento ma forse anche per quel suo dramma esistenziale e per quelle difficoltà del vivere quotidiano, che del resto ci accomunano e ci coinvolgono tutti, chi in un modo e chi nell’altro.





Nessun commento:

Posta un commento