Giuseppe Fiore, bisnonno del prof. Raffaele Fiore, arrivato ad una certa età, un giorno si sentì male e fu chiamato per visitarlo il dott. Matteo Palmieri, a cui è stato intitolato un vicolo nel rione S. Angelo, alunno, tra l’altro, del filosofo Pietro Taglialatela.
Dopo averlo visitato, il medico esclamò: Fiò, e fatta l’acqua a panz! (Una volta era chiamata così la cirrosi epatica, grave malattia del fegato). Il Fiore, grande bevitore e degustatore di vino, non aveva idea della malattia e non si capacitava di come avesse accumulato acqua nella pancia e rispose: - Duttò, me rispiace, assì m’a fatt fess muglier(e)m, ma io l’acqua in vita mia nun m’aggiu mai bevut!!!
Il vino era la bevanda alcolica più apprezzata nell’antica società contadina, legata alla gioia stessa di vivere, alla convivialità, capace di rendere allegri, di inebriare i sensi e di rinfrancare lo spirito. Oggigiorno sappiamo che un moderato uso di vino fa bene alla salute e protegge da alcune malattie ma una volta, quando non si sapevano tante cose, bere vino era uno dei massimi piaceri della vita se non il più grande in assoluto e anche se a volte si eccedeva, probabilmente era perché nel vino si trovava sempre soddisfazione , in esso si vedeva il rimedio a tutti i mali, basti pensare che non esistevano i bar per andare a prendere il caffè ma le taverne per andare a bere il vino.
Ringrazio il prof. Raffaele Fiore per avermi raccontato questo divertente episodio riguardante la sua famiglia
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