Nella notte di Natale, sedute vicino al fuoco, le donne anziane trasmettevano sottovoce alle giovani che volevano imparare e che ritenevano degne, formule e riti per curare e guarire alcune malattie, quali: il malocchio ,(mal di testa), i vermi nei bambini, la ponta (strappi muscolari, nevralgie) ecc. Era possibile trasmetterli solo nella notte di Natale, la Notte Santa. Si trattava di rimedi, terapie popolari, ancora oggi conosciute nel mondo contadino, nate tra la gente in un’epoca in cui la medicina poteva ben poco. All’epoca si cercava di guarire le malattie, utilizzando semplici elementi, quali: l’acqua, il sale, l’olio, compiendo gesti rituali, soprattutto il segno di croce, accompagnato da formule , seguite da preghiere, quali il Padre nostro , il Gloria al Padre ecc. perché era sempre a Dio che ci si rivolgeva affinché intervenisse e ristabilisse la guarigione .Le formule erano organizzate per rime e assonanze per facilitarne il ricordo, gli elementi usati non agivano per la loro composizione fisica o chimica ma perché la benedizione conferiva loro un valore sacramentale, rendendoli veicoli di grazia . Le persone che eseguivano queste pratiche non percepivano compenso perché le loro capacità di “guaritori” non erano considerate abilità personali ma un dono , un tramite di grazie verso il prossimo, in quanto era la persona che pregava ma Dio che guariva.
La sera della vigilia di Natale, inoltre, intorno alla brace, il capofamiglia disponeva le pigne, a semicerchio, avendo cura di girarle di tanto in tanto, affinché si sciogliesse la resina e si aprissero le squame legnose, facendo fuoriuscire i pinoli. Il profumino delizioso dell’incenso o resina si diffondeva nell’ambiente e tutti lì a sporcarsi le mani per rompere il guscio marroncino dei pinoli e per mangiare quei frutti prelibati dal delicato sapore.
A tale proposito si racconta che, secondo un’usanza molto antica, forse per un buon auspicio di fertilità, le nonne suggerivano alle loro nipoti vergini di mettere un mucchietto di pinoli in un fazzolettino tra i due seni e di aspettare, perché sarebbero fioriti. In effetti, dopo tutta la serata verso la mezzanotte il miracolo si compiva; probabilmente al contatto del calore del corpo, i pinoli si aprivano, assumendo l’aspetto di un fiore con quattro, cinque punte, bianco all’interno e marrone all’esterno.
Si credeva anche che la sera della Vigilia le streghe o janare si recassero in chiesa e per questo motivo un uomo si metteva a guardia dell’acqua santa e quando finivano le funzioni religiose, se lui non si allontanava, loro non potevano uscire e allora erano costrette a chiedergli il permesso e lui così poteva guardarle in faccia e vedere chi erano.
Anche quando si celebrava un matrimonio una persona si metteva guardia dell’acqua santa perché le persone malintenzionate non compissero alcun maleficio contro la coppia.
Quando, inoltre, due persone parlavano tra di loro stavano attente a mettere i piedi in croce per non far ascoltare alle janare quello che dicevano; quando si pregava, al contrario, non si mettevano i piedi in croce.
Si tratta di usanze, credenze e ritualità che ormai non esistono più ma che ci aiutano a comprendere la nostra cultura di provenienza, il modo di vivere dei nostri antenati, che ancora continuano a vivere dentro di noi.
Ringrazio di cuore la Sig.ra Clara Ricciardone , fonte inesauribile e preziosa di notizie e informazioni sulla cultura mondragonese.
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