mercoledì 5 gennaio 2022

C’ERA UNA VOLTA LA BEFANA La Befana piccina piccina Va vestita da contadina Le scarpette di trullallà La Befana è mammà e papà…

La Befana piccina piccina 
Va vestita da contadina 
Le scarpette di trullallà 
La Befana è mammà e papà……

Così recitava una poesiola di tanto tempo fa, in cui c’è un chiaro messaggio che comunica ai bambini la vera identità della Befana. Nell’antica società contadina anche a Mondragone i bambini aspettavano la Befana, vista come una sorta di nonna buona che premia o punisce. Qui da noi, inizialmente, era piuttosto povera, a dire la verità; i suoi doni consistevano in poche caramelle, qualche dolcetto, noci, mandarini insieme a dosi più o meno consistenti di carbone. A pensarci bene quanti bambini ha fatto sospirare la cara Befana, e quanti ne ha delusi, quanta confusione ha creato nella loro mente; pochi erano i soddisfatti, che trovavano proprio i doni che desideravano. E quale sarà stata l’amarezza provata dai piccoli nel sentire, ad un certo punto, che la Befana non esisteva? Al giorno d’oggi c’è da chiedersi: - Ma è ancora valido il personaggio della Befana? Qual è il suo valore pedagogico ed educativo nella crescita del bambino? E’ un compito davvero importante per i genitori quello di delimitare il mondo del fantastico e del reale e comunque, alla fine, è sempre meglio dire ai figli la verità. Tra gli episodi raccontati dalle persone anziane in merito alla Befana, ce n’è uno accaduto negli anni ’30. Nel rione San Francesco viveva una famiglia di contadini con 5 figlie femmine, la seconda delle quali, pur essendo grandicella credeva ancora alla Befana; le era molto affezionata, a dire il vero, e non voleva proprio accettare la verità, quando qualche volta si provava a fargliela capire. La sorella maggiore a vederla così grande e grossa e così testarda non ci poteva proprio passare e decise di farle uno scherzo. Il papà portava dalla campagna tante zucche, piccole e grandi, tonde e lunghe. Lei ne tagliò una fetta , dandole una forma rettangolare come quella di un torrone, modellandola alla perfezione, la incartò per bene e aspettò la sera del 5 gennaio. Come ogni anno la ragazzina credulona appese la sua calza insieme alle sorelle più piccole e andò a dormire, cercando comunque di restare sveglia per sentire qualche scricchiolio, per avvertire la presenza della Befana con un po’ di paura ma con tanta curiosità. La sorella maggiore, quando si rese conto che tutti dormivano, si alzò e con grande precauzione, infilò il finto torrone nella calza della sorella. La mattina seguente fu proprio quest’ultima la prima a svegliarsi e al buio corse, a piedi scalzi, a tastare le calze appese e, sentendole piene, gridò alle sorelle:- E’ venut, è venut a Befana!E tastando la sua calza, disse: - A me m’ha purtato nu turruncin luongu luong! E senza pensarci su due volte, lo addentò con avidità ma dopo pochi secondi esclamò: - Ma chest è cucozza! Chi è stat? La sorella maggiore se la rideva sotto i baffi, senza fiatare: in un attimo aveva infranto il sogno di quella ragazzina a cui piaceva tanto l’idea di quella vecchia brutta ma tanto cara che ogni anno pensava a lei e veniva di notte a portarle i regali in una maniera così buffa e rocambolesca, scendendo dal camino. Negli anni ’50 la Befana era diventata un po’ più ricca, a Mondragone: c’erano già i negozi che mettevano in bella mostra i giocattoli dell’epoca: fucili, pistole, bambole, trenini, cavallucci a dondolo. Fra i tanti bambini che aspettavano la Befana, c’era anche un bambino, figlio di una vedova, che faceva di tutto per i figli, ma le possibilità erano davvero poche. La madre, nei giorni precedenti alla festa, senza troppe spiegazioni gli diceva che doveva arrivare la Befana e lui, poverino le credeva perché si sa che per un bambino quello che dice la mamma non può che essere la verità. Allora si recava davanti alla vetrina del negozio di giocattoli di Pagliuca, a corso Umberto, dove ora si trova il negozio di Ottica “Russo” e dopo aver osservato bene i giocattoli, sceglieva quello che secondo lui era il più bello, un bel fucile grande o una pistola nera e lucida e credendo di doverlo comunicare alla Befana con la forza del pensiero, oggi diremmo con la telepatia, guardando il giocattolo, glielo comunicava. Ma che delusione aveva la mattina dopo, povero caro, quando andando ad aprire la calza, non trovava che poche caramelle, un pezzetto di carbone di zucchero e una pistola minuscola, quasi invisibile o un mazzetto di carte da gioco, non era mai quello che aveva scelto. E pensava: - La Befana non mi ha capito. Ogni anno si recava davanti al negozio di Pagliuca e cambiava giocattolo per farglielo capire, ora il carrarmato, ora l’elicottero ma la Befana non indovinava mai. Lui ci rimaneva tanto male, non riusciva proprio a capire anche perché vedeva che ai suoi compagni più ricchi la Befana indovinava sempre. Poi con il tempo anche lui, facendosi più grande scoprì la verità e si convinse che la Befana era per i figli dei ricchi non per quelli dei poveri.




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