martedì 25 gennaio 2022

PARIARE O NON PARIARE

PARIARE O NON PARIARE? Spesso sentiamo usare il termine PARIARE dai ragazzi mondragonesi ma anche campani, in generale, con il significato di divertirsi, perder tempo.
Una volta, invece, a Mondragone, si usava questo termine quando si raccoglievano le lumache, dopo la pioggia, e prima di cucinarle, si mettevano in una pentola chiusa, non ermeticamente, con una retina sopra, a PARIARE, cioè a digerire o spurgare, per far svuotare loro l’intestino.
Oggigiorno da noi le lumache non si mangiano più, però si allevano in alcune parti d’Italia, soprattutto in Piemonte, dove, in alcuni ristoranti, gli chef le propongono nei loro menu come prodotto di nicchia agli intenditori e appassionati, come in Francia le escargot deliziano i buongustai francesi.
Il verbo PARIARE deriva dal verbo latino pario- as- avi- atum-are, che significa pareggiare, rendere uguale.
Le lumache pariavano, stando a digiuno, digerendo ciò che avevano mangiato, pareggiando, per così dire, il tempo del cibo con quello del digiuno.
Per estensione, nel tempo, si è passati a usare il verbo PARIARE nel senso di riequilibrare il tempo dell’impegno lavorativo con quello del riposo. In effetti, è necessario, quando si accumula troppo stress a causa degli impegni continui e delle preoccupazioni, per il nostro benessere psicofisico, prendersi un tempo di riposo, staccare la spina, come si suol dire anche perché l’inattività non è mai improduttiva, ma serve a darci nuova carica ed energia.
Allora PARIARE o non PARIARE? PARIARE, certamente, perché fa bene, sia nel senso del divertimento come in quello del riposo. Se c’è un tempo per tutto, ci sarà anche quello del PARIARE, ovviamente senza esagerare perché sono sempre gli eccessi quelli che fanno male.
Come si può vedere, attraverso questa parola, ma in tante altre, la lingua fa giri e rigiri nel tempo, le parole possono addirittura cambiare significato o essere usate in contesti diversi ma alla fine i conti tornano sempre.

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