mercoledì 23 marzo 2022

IL DUCA GRILLO E LA QUESTIONE DELL’INGINOCCHIATOIO

Come molti ricorderanno i signori che tennero il feudo di Mondragone furono dapprima i duchi Carafa della Stadera dal 1451 al 1689 (per più di due secoli) e poi i duchi Grillo dal 1689 fino ai primi anni dell’‘800, (per poco più di un secolo), quando con l’arrivo di Napoleone si ebbe la soppressione della feudalità con tutti i suoi privilegi e i beni dei feudatari furono incamerati dal Demanio.
Furono i Carafa che fecero costruire la chiesa di S. Francesco con l’annesso convento nel 1480 e la chiesa di S. Giovanni Battista o dell’Incaldana nel 1593, un secolo dopo. Nel 1689 morì l’ultimo duca Carafa, Nicola Guzman Carafa, senza lasciare eredi e il feudo fu venduto alla famiglia Grillo per la somma di 124000 ducati e nel 1691 Marcantonio Grillo fu nominato ufficialmente nuovo duca di Mondragone.
Alla morte di Marcantonio, avvenuta nel 1707, gli successe il figlio primogenito Don Agapito fino al 1743.
Fu proprio con don Agapito che nacque la controversia con il vescovo, monsignor Antonio Cirillo, nel 1718.
La questione riguardava la presenza all’interno della chiesa di S. Giovanni Battista o dell’Incaldana degli inginocchiatoi con tappeti e sedie con cuscini ad uso del duca e della sua famiglia nel transetto, cioè nello spazio antistante l’altare.
A quei tempi nelle chiese non c’erano i banchi e si stava in piedi o in ginocchio, l’introduzione dei banchi è nata a partire dal XVIII secolo ma chissà quando saranno arrivati nelle chiese mondragonesi.
Secondo il vescovo Cirillo le leggi liturgiche non permettevano l’occupazione di quella parte della chiesa riservata ai sacerdoti.
In realtà pare che la controversia fosse dovuta principalmente a questioni di astio personale tra le due autorità del territorio. (Il fatto ricorda molto le lotte per la supremazia tra i papi e gli imperatori, tra il potere temporale e quello ecclesiastico).
Il vescovo chiedeva la rimozione degli arredi ma il duca si opponeva. Ne nacque una causa, che giunse fino alla Congregazione dei Riti, che riconobbe le ragioni del vescovo e sancì la rimozione degli arredi.
In seguito nacquero altre controversie tra il monsignore e il nostro feudatario, che si conclusero con lo spostamento nel 1724 del vescovo di Carinola nella diocesi di Teano.
I Grillo, poi, dopo la divergenza con il vescovo carinolese e la sconfitta in tribunale, sentirono l’esigenza di farsi riconoscere qualche diritto nella chiesa del loro feudo.
Così finanziarono il rifacimento di tutta la chiesa sia di tipo strutturale che decorativo con una serie di stucchi e affreschi, anche lo stemma della famiglia Grillo fu apposto sulla sommità di un arco proprio per dimostrare la loro proprietà su tutto l’edificio.
Lo stemma è stato rimosso negli anni Quaranta del Novecento pare per assicurare l’incolumità dei fedeli.
Alla fine dei lavori avvenne la consacrazione della chiesa nel 1727 e fu fatta dal nuovo vescovo di Carinola monsignor Niccolò Abbati.
In quell’occasione il vescovo portò le reliquie di tre santi: S. Agapito, S. Dioscoro e Sant’ Aiello.
Nel 1741, poi, le spoglie mortali di S. Bonifacio furono inviate da Roma al duca Grillo dal cardinale Guadagni e fatte riporre sotto l’altare maggiore della chiesa, poi traslate nella navata di sinistra, dove si trovano tutt’oggi.
Era un periodo in cui i potenti feudatari si prodigavano per offrire opere di valore che mostrassero la loro potenza, spesso gareggiando con quelle commissionate dagli stessi prelati.
Dopo essere venuta a conoscenza di questa singolare controversia mi viene da pensare che per fortuna oggi nelle chiese ci sono comodi banchi per partecipare alla S. Messa e alle funzioni religiose e che i signori feudali sono solo un ricordo, visto che noi siamo nati repubblicani.

Le foto delle due rappresentazioni della chiesa redatte in occasione della disputa sono tratte dal libro MONDRAGONE SACRA di Corrado Valente










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