martedì 26 aprile 2022

SI MONTU MARZ TEN A CAPP....


SI MONTU MARZ TEN A CAPP

SI OGGI NU CHIOV RIMAN NU SCAPP

A Mondragone, sulla Domitiana, appena dopo l’hotel Sinuessa, andando verso Roma, si può notare un’altura, denominata Monte Marzo, sulla cui cima ancora si vedono i resti di una fortificazione costruita dai Tedeschi durante la seconda guerra mondiale, dalla quale i soldati tedeschi sparavano alle navi americane, che venivano a liberare Mondragone dai Nazisti.
Il detto recita: - Se su monte Marzo si vede una cappa ossia un cielo coperto da un ammasso di nuvole, verrà a piovere di sicuro, se non oggi, entro domani certamente.
Queste erano le previsioni del tempo … mondragonesi di una volta, non c’era neanche bisogno di guardare la TV.
A questo detto ne va aggiunto un altro, riportato dall'amica Elisa Rotondo : 
Se esci fuori e non vedi il castello, 
rientra dentro e prendi l'ombrello.


martedì 19 aprile 2022

MARTEDI’ IN ALBIS: LA FESTA PATRONALE


Dopo il Natale e la Pasqua è questo il giorno più solenne in assoluto per i Mondragonesi, giorno in cui si festeggia la nostra patrona, la Madonna Incaldana.
E’ tradizione essere svegliati, la mattina presto, dai botti e dallo scampanio festoso provenienti dal Santuario, con cui si dà inizio alle celebrazioni per i festeggiamenti in suo onore.
Le Messe si susseguono una dopo l’altra, i banchi si svuotano e si riempiono di fedeli di continuo perché è in questo giorno che dagli angoli più remoti e sconosciuti della città, sbucano tutti i Mondragonesi, nessuno escluso e vengono a presentarsi davanti alla Sacra Icona, a rendere omaggio alla Mamma celeste, attratti da quel sentimento forte e antico, tramandatoci dai nostri avi, tutt’uno con il nostro DNA, fatto di affidamento, di richiesta di aiuto e protezione, di fiducia e di speranza, di amore filiale sacro e indissolubile che nessuno potrà mai mettere in discussione e da cui nessuno ci potrà separare.
E’ un giorno in cui tutti i sacerdoti della città e anche alcuni provenienti da fuori si recano al santuario per celebrare le Messe e per aiutare nelle Confessioni perché è in questo giorno che i fedeli , che non frequentano assiduamente la Chiesa, approfittano per confessarsi e comunicarsi, se non ci sono riusciti a Pasqua.
Alle 10, 30, poi, viene celebrata la Messa solenne che da noi è detta “Ru paracil(e)c(o)” officiata dal vescovo ma per la quale un tempo venivano invitati i cardinali, sia per il Martedì che per il Mercoledì in Albis.
La Messa viene cantata dalla corale polifonica del Santuario, con canti liturgici bellissimi preparati per la solennità della festa, un tempo si facevano venire cantanti lirici rinomati. Partecipano alla Messa anche le autorità civili, a cui vengono riservati i primi posti; la chiesa è così gremita che non si trova un posto neanche a peso d’oro e molti restano in piedi ma la penitenza è d’obbligo.
Era tradizione, un tempo, per le donne, recarsi a “ru paracil(e)c(o)” tutte agghindate e sfoggiare le toilettes confezionate per l’occasione, abiti di seta, raso, taffettà, stoffe pregiate insomma, in tinte vivaci e vistose , naturalmente per chi se lo poteva permettere , anche gli uomini rigorosamente in giacca e cravatta, proprio come per il giorno di Pasqua.
E tutti seduti e compiti nei banchi ad ascoltare il cardinale o il vescovo di turno che decantava gli elogi della Beata Vergine e poi all’uscita si commentava il panegirico, se era stato più bello di quello dell’anno prima o più lungo ecc.
Alla fine della Messa, poi, ma di ogni Messa, il popolo intona il canto della tradizione a Maria Incaldana; andando via, si procede all’indietro per non dare le spalle alla Madonna , tutti segni e attenzioni che provengono dal passato e che noi conserviamo ancora, che forse oggi sembrano superflui ma che stanno a dimostrare quali attenzioni e riverenza i nostri avi avessero per la Madonna.
Il Mercoledì in Albis, insieme alla celebrazione eucaristica c’è l’amministrazione della S. Cresima e delle Prime Comunioni; durante la mattinata immancabilmente viene deposta una corona ai Caduti in piazza Umberto. Ogni sera vengono cantati i Vespri solenni e la celebrazione eucaristica viene animata a turno da una comunità parrocchiale mondragonese.
Nel pomeriggio della domenica successiva, da qualche anno a questa parte, dalle ore 14,30 in poi avviene il bacio alla Sacra Icona, tra canti e preghiere, in maniera ordinata e composta; l’organizzazione è tale da rendere scorrevole e tranquillo l’afflusso dei fedeli fino alle ore 19, quando c’è la Messa finale e la Madonna viene riportata al suo posto, alla navata di destra.
Tanti anni fa non era consentito alla popolazione di assistere alla “calata” della Madonna, che veniva fatta di mattina presto dal sacerdote, aiutato da poche persone, ma fuori alla chiesa, al buio, c’era sempre un gruppetto di persone, che pur sapendo di non poter entrare, era lì presente, ad aspettare.
Erano tempi difficili in cui c’era una fede molto più viva e sentita, nella Madonna i nostri avi riponevano tutte le loro speranze affinché intercedesse per loro, e quando la vedevano portare in processione erano lì a piangere , a gridare, a insistere, quasi a litigare con Lei, a chiamarla “faccia iarza” perché non aveva ancora risposto alle richieste di grazia, che pure erano necessarie nelle situazioni gravi e insostenibili dell’esistenza; alcuni si agitavano in modo tale da compiere gesti inconsulti che potevano compromettere la stabilità del quadro e di chi lo portava ed era per questo che non si faceva assistere la popolazione alla “calata”.
Bisogna ricordare che a quei tempi per un raccolto andato a male era messa in pericolo la sopravvivenza della famiglia, la mortalità infantile era elevata, di tanto in tanto le donne morivano di parto, si moriva per una febbre o per una bronchite , le cure quasi inesistenti.
Oggigiorno, per fortuna, tutti possono assistere alla “calata” e quando il quadro viene preso e la campanella inizia a suonare , la commozione è generale: le lacrime, i canti, gli applausi, è un’emozione grande che pervade il cuore dei Mondragonesi, che in quel momento, formano un tutt’uno con il cuore della Madonna.
Di pari passo ai festeggiamenti religiosi si alternano, poi, quelli civili: nella mattinata del Martedì in Albis la banda in piazza esegue un concerto lirico sinfonico tra i cittadini festanti che vanno e vengono dal Santuario e che, incontrandosi si fermano per scambiarsi gli auguri.
Un tempo, quando non c’erano ancora gli alberghi , erano le famiglie del rione che ospitavano ognuna un musicante e tutti ci tenevano a fare bella figura e si preoccupavano per tempo di procurarsi il vino buono da offrire durante il pranzo.
Ogni sera, poi, si esibisce qualche cantante o gruppo musicale che ogni anno il Comitato sceglie tra quelli più in voga e preferiti dal pubblico.
Il Comitato, formato da uomini, “ri masti de feste” affianca il sacerdote nella preparazione della festa, già da qualche mese prima incomincia a girare per le case a chiedere l’offerta, che tutti danno volentieri per la nostra Patrona.
Un’altra tradizione simpatica e paesana, tutta mondragonese è quella della banda che gira per le strade per la questua cittadina, il lunedì in Albis, di mattina, in occasione della quale i Mondragonesi donano di tutto: polli, conigli, colombe pasquali, uova ecc, vasetti con salsiccia, tutto viene poi venduto all’asta e il ricavato devoluto alla Madonna.
Il Mercoledì, poi, c’è l’asta del pesce pescato nella mattinata, la banda si reca sulla spiaggia a suonare nell’attesa del ritorno dei pescatori ed è simpatico e divertente, poi, assistere alla ‘rriffa del pesce in piazza, dove sono molti quelli che ci tengono a fare l’offerta per portare a casa il pesce “della Madonna”, per devozione.
Il sabato sera, a conclusione delle festività vengono sparati i fuochi d’artificio in onore della Madonna mentre la domenica pomeriggio avviene l’estrazione della lotteria in piazza Umberto.
Ognuno si chiede chi sarà il fortunato a vincere la macchina della Madonna, visto che gli altri premi fanno meno gola ma alla fine tutti sono contenti, anche se non hanno vinto, di aver vissuto e partecipato per un altro anno alla festa della Madonna, della nostra Madonna.


lunedì 18 aprile 2022

A PIZZ DA MARONN


Il Martedì in Albis, a Mondragone, si festeggia la nostra Patrona, la Madonna Incaldana, e in tale occasione si prepara la cosiddetta “pizza dolce”, detta anche “a pizz da Maronn” proprio perché viene preparata in suo onore.



Si tratta di una crostata con un ripieno fatto di crema pasticciera e amarene sciroppate ma c’è anche un’altra versione, che prevede nel ripieno uno strato di crema pasticciera e uno strato di crema al cioccolato. Tra i due strati viene inserito un sottile strato di pan di Spagna bagnato con il rum.
Tra i vari festeggiamenti che si fanno in onore della Madonna, ricordiamo anche questo dolce rituale, che facciamo con devozione, ogni anno, intendendo con questo termine non le pratiche religiose legate al culto ma, in questo caso, una devozione legata al profano, a un dolce fatto di crema e di amarene, esprimendo anche attraverso di esso il rispetto, l’affetto, la speranza, l’affidamento alla nostra Mamma Celeste.
Glielo dedichiamo con amore e ce lo scriviamo anche sopra con la pasta frolla: MSSI e cioè Maria Santissima Incaldana.

sabato 16 aprile 2022

LE PROCESSIONI PASQUALI

La comunità mondragonese è stata da sempre conservatrice di tradizioni, usi e costumi tramandati dagli antenati e le processioni pasquali ne sono un esempio.
Le processioni del Venerdì e del Sabato Santo , molto sentite e partecipate, sono proprio lo specchio del patrimonio religioso e culturale del nostro paese. Si ripetono invariate da secoli, anche se con aggiunte e modifiche e rappresentano momenti forti della religiosità mondragonese.
La MATTINA del VENERDI’ SANTO c’è una processione per così dire “tecnica”, in gergo mondragonese si dice: “jesceno ri Misteri” ossia alle ore 10, con partenza dalla chiesa del Giglio, vengono portate in processione le statue di Gesù Morto, dell’ Addolorata e della Pietà, detta delle Tre Marie. La statua dell’ Addolorata viene portata nella chiesa di san Francesco e quella di Gesù Morto e delle Tre Marie nella Chiesa Madre.
Nel pomeriggio, secondo la tradizione, si tengono le prediche delle tre ore di Agonia al Vescovado e della Desolata a san Francesco, una volta molto sentite dai fedeli.
La processione del VENERDI’ SANTO SERA , detta di Gesù Morto, viene organizzata dalla chiesa di S. Angelo; essa fu istituita dal parroco Verdolotti agli inizi del secolo scorso, nel 1911, come viene evidenziato dal prof. Raffaele Fiore. E’ un lungo corteo che inizia con la banda, seguita dai misteri commemorativi portati dai devoti ossia i simboli con cui si fa memoria del dramma di Cristo: quadri raffiguranti la sua Passione e Morte, corone di spine , croci e calici adornati di fiori, funi, flagelli; seguono le donne che, vestite di nero e a capo chino, portano il “lenzuolo”, simbolo di quello che avvolse il corpo di Cristo , e ancora i figuranti, che rappresentano personaggi storici che fecero parte della vita di Gesù: Pilato, il centurione, i soldati, le ancelle ecc.
Una lunga fila di donne vestite a lutto avanza lentamente con il capo coperto e chino, a volte a piedi scalzi, recando in braccio grossi e pesanti ceri: sono proprio loro che ogni anno esprimono in maniera viva e drammatica la sofferenza umana associata a quella di Cristo; ognuna con il suo dolore chiede a Lui di fare da intercessore presso il Padre, ognuna compie il voto per chiedere una grazia o per ringraziare del beneficio ricevuto.
Segue la statua di Gesù morto, preceduta dall’ Angelo, l’unico di tutta la processione, che rappresenta l’Angelo del Getsemani, che affiancò Gesù e lo consolò nelle ore estreme della sua vita. Ogni anno, per antica tradizione, l’Angelo, simbolo di bellezza e di purezza, deve essere assolutamente scelto solo ed esclusivamente tra le ragazze di s. Angelo. Questo antico “privilegio” innesca una certa gelosia tra gli abitanti degli altri rioni ed è per questo che nella processione degli Angioletti del sabato santo si vede sfilare anche qualche angelo grande simile a quello del venerdì sera.
Ai lati dell’Angelo, una volta, erano gli studenti universitari della FUCI ( Federazione Universitaria Cattolica Italiana) a scortare il Cristo Morto, con il caratteristico cappello goliardico a punta, dai diversi colori, a seconda della facoltà di studio intrapreso, tra due ali di folla, in religioso silenzio; usanza, questa, che con il tempo è andata perduta.
Di tanto in tanto la processione si ferma e nei punti cruciali del paese, nel silenzio assoluto, si sente risuonare il canto di una donna, di cui non si conosce l’autore, quasi un grido di pianto e di dolore, in grado di toccare le corde più intime di giovani o anziani:
Figlio mio
Dove sei?
Sei morto?
Ed io senza di te
Non sono più Madre
Maddalena,
sorella mia,
dov’è il tuo Maestro
che tanto amavi?
Dov’è il tuo Maestro
Che tanto ti amava?
Apostoli miei,
dov’è il vostro Maestro
che tanto vi amava?
E’ morto
Figlio mio
E io senza di te
Non sono più Madre
Per tanti anni la voce che ha fatto commuovere i Mondragonesi è stata quella della signorina Clarice Landi, sostituita dopo la sua morte dalla signora Maria Pisano, seguita poi da una giovane e poi da altri giovani ancora che portano avanti la nostra tradizione.
La statua di Gesù Morto, poi, viene portata a spalle da quattro ministranti. Infine il gruppo statuario del Calvario, composto dalla Madonna, dalla Maddalena, abbracciata alla croce e da Giovanni, il discepolo prediletto, viene sostenuta dalle spalle dei devoti e dietro di essa seguono le autorità civili e poi tutto il popolo.
IL SABATO SANTO MATTINA ha luogo la processione degli Angeli, che parte dalla chiesa Madre e termina alla chiesa del Giglio: file interminabili di bambini, raffiguranti gli Angeli, accompagnati secondo la tradizione, da padrini e madrine ma anche da genitori o parenti; bambini raffiguranti il Gesù della Passione, vestito di rosso, coronato di spine, recante la croce oppure Gesù nell’Orto degli Ulivi con il calice in mano o ancora Gesù risorto con il vestito bianco e la fascia azzurra e la crocetta in mano; bambine e ragazze che impersonano l’ Addolorata o la Veronica, bambini raffiguranti san Michele Arcangelo, a cui si sono aggiunti nel tempo i Santi della devozione popolare, quali: sant’Antonio, san Francesco, santa Lucia , santi Cosma e Damiano ecc a cui ognuno ha fatto qualche voto , che forse con la morte di Gesù c’entrano poco ma che sono stati comunque anch’essi annunciatori della Resurrezione e siccome il voto fatto in segreto si vuole adempiere pubblicamente, si approfitta della processione del sabato santo mattina per farlo. Angeli e Santi rappresentano comunque la Resurrezione che viene annunciata e il clima è festoso rispetto alle altre processioni.
In passato se qualcuno aveva fatto un voto e non aveva possibilità economiche, si recava alla chiesa del Giglio a chiedere in prestito il vestito per il proprio figlio e veniva scelto tra quelli donati alla chiesa dai devoti che già avevano adempiuto al voto.
Nei giorni antecedenti c’è tutto un fervore di preparativi poiché al sacro è sempre legato il profano: a chi mancano ancora le scarpe, a chi il diadema, a chi la parrucca per non parlare della parrucchiera con cui prendere accordi per l’acconciatura migliore e questo non solo oggi, anche in passato ci si teneva tanto, quando i parrucchieri ancora non c’erano e per fare i riccioli degli angeli alle bambine si avvolgevano ciocche di capelli, legandoli con un pezzetto di stoffa e così bisognava dormire tutta la notte e anche se qualche bimba non riusciva a dormire, la mattina seguente si scioglievano le ciocche e i bei riccioli inanellati erano pronti per sfilare e per fare la foto ricordo.
Oggigiorno alla processione si vedono vestiti bellissimi realizzati con stoffe preziose e costose che però mettono in ombra quella fede che pure c’è, ma la frenesia dell’apparire, l’”umano”sembra predominare sul “sacro” per cui quell’austerità della sera prima sembra sconfinare nel bello e nello spettacolare, in un clima quasi festoso.
Siccome, poi, la processione è fatta di bambini, non manca mai il venditore di palloncini, anzi quando si vede lui, vuol dire che la processione sta per arrivare.
Gli adulti che portano i bambini, poi, vanno sempre muniti di biscotti e bottigline d’acqua per ristorare i piccoli ma quando le bottigline di plastica ancora non c’erano e la processione passava, in ogni casa si preparava l’acqua per dissetare i bambini che avevano tanto da camminare.
Purtroppo a volte succede anche che nella settimana santa le condizioni atmosferiche siano spesso mutevoli , il cielo si rannuvola all’improvviso, si chiude minaccioso e tetro proprio come accadde in quei giorni di tanti secoli fa e scatenando tuoni e pioggia pare che si ribelli e che ancora pianga sulla scelleratezza umana che arrivò a crocifiggere Cristo. Può succedere che durante la processione incominci a piovere e allora si vedono i poveri bambini costretti a correre per ripararsi sotto ai portoni per cui una processione a volte viene interrotta e poi ripresa, e a volte addirittura costretta a ritirarsi.
IL SABATO SANTO SERA ha luogo l’ultima processione, la conclusiva. La statua dell’Addolorata dalla chiesa di san Francesco viene portata alla chiesa Madre, dove si trova la statua di Gesù Morto: è la Mamma che va a cercare il Figlio morto, che viene portato per antica tradizione dai pescatori . Non si sa perché proprio a loro sia stato concesso; lo avranno chiesto probabilmente ed ottenuto dalle autorità ecclesiastiche per chiedere protezione nei pericoli a cui il mare li sottoponeva ogni giorno.
In questa processione anche i Misteri e le persone che sfilano sono di numero inferiore alle altre due; essa si svolge nel silenzio e nella compostezza di quella del venerdì santo sera. Il Figlio Morto seguito dalla Madre, portata a spalla dai devoti, dopo aver toccato le quattro porte della città, si ritira alla chiesa del Giglio.
Durante le processioni vengono eseguiti dai fedeli e suonati dalla banda dei canti: Maria dolente, Pentimento e Pianto di Maria, i testi dei quali si attribuiscono al can. G. Aversario e per la composizione musicale al maestro Gennaro Caliendo, che è stato direttore della banda mondragonese per 28 anni di seguito, dal 1906 in poi. Altri canti furono importati dai PP. Passionisti durante le Missioni popolari come riferito da Padre Berardo Buonanno. Raffaele Fiore





sabato 9 aprile 2022

IL PANE DI PASQUA

Quando arrivava la Pasqua, a Mondragone, prima di fare le pastiere si usava fare il pane, intere infornate di pagnotte e filoncini, paniegli e cocchie, in mezzo ai quali spiccavano i tortani con le uova incastonate sopra e le pigne con l’uovo al centro per i bambini, che si preparavano per l’occasione.

Era così bello da vedere quel pane vestito a festa, biondo e fragrante, un vero spettacolo di bontà.
Chi passava per strada, sentiva venire dai cortili quel profumino buono e delicato del pane appena sfornato e anche senza vederlo pensava : - E’ il pane di Pasqua! e in cuor suo si rallegrava e si compiaceva.
C’era grande rispetto del pane un tempo, era il cibo essenziale, la base del nutrimento, considerato sacro perché dono divino ed è così che il Pane di Pasqua, a Mondragone, ha lasciato un modo di dire, che viene utilizzato in varie occasioni.
Ad esempio, quando una persona è euforica perché pensa di aver trovato una situazione vantaggiosa, non riuscendo a valutarne i rischi e le insidie, si sente dire ironicamente l’espressione : - Sé, sé, se crere che mò va a piglià pane di Pasqua! da chi, al contrario, riesce a valutare la situazione con razionalità perché non implicato emotivamente.
Con “pane di Pasqua” si vuole intendere quanto di più buono e bello possa esistere, in assoluto.

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venerdì 1 aprile 2022

AMMU FATT 30 E FACIMM PUR 31

 
"AMMU FATT 30 E FACIMM PUR 31"

E’un detto che si usa non solo a Mondragone e nel Napoletano ma in tutt’Italia.
La sua origine risale al papa Pio X, che nel 1527 creò una lista di 12 nuovi cardinali. Poco dopo il numero salì a 20, poi a 28.
Il giorno prima di rendere pubblica la lista, il Papa aggiunse altri due nomi fino ad arrivare a 30 nonostante l’opposizione dei vecchi cardinali.
Il giorno dopo se ne aggiunse addirittura un altro. (Pare che il trentunesimo fosse un amico del Papa) e allora il pontefice esclamò: - Tanto è 30 che 31!
Con il tempo il detto ha subito qualche modifica fino a raggiungere la forma attuale: - Abbiamo fatto 30, facciamo anche 31!
Si usa questo detto per spingere qualcuno ma anche noi stessi ad osare di più. Quando, magari, abbiamo fatto un’enorme fatica per raggiungere un risultato e crediamo di aver raggiunto la meta e all’improvviso si presenta un altro ostacolo, cosa facciamo? Ci tiriamo indietro? No, naturalmente, continuiamo e facciamo l’ultimo sforzo, non ci arrendiamo di certo.
Il detto, quindi, ha assunto il significato di fare di tutto per raggiungere un obiettivo, andando anche oltre i nostri limiti, a volte, facendo leva sulle nostre risorse, anche quando sembra che queste siano agli sgoccioli e diventando, in tal modo, più forti e più consapevoli di prima. Sarà bello dire, alla fine, poter dire a qualcuno, che ci sta vicino:- Hai visto? Ce l’ho fatta!


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