martedì 3 maggio 2022

La raccolta dei fagiolini

Il mese di maggio era un mese davvero impegnativo ed operoso per i contadini mondragonesi poiché in esso avveniva la cosiddetta “raccolta dei fagiolini”.
Era un periodo in cui il contadino riponeva tutte le sue speranze di guadagno dopo il lungo inverno per far fronte alle spese della famiglia, per saldare debiti, per preparare il matrimonio di un figlio, per fare progetti per il futuro.
Bisogna ricordare che quando l’unica occupazione della famiglia era l’agricoltura, bastava una grandinata, un periodo di siccità o di pioggia eccessiva per rovinare un raccolto e perdere un anno di fatiche e mettere a rischio la sopravvivenza del nucleo familiare.
I fagiolini, un tempo, erano il prodotto “di nicchia” , l’eccellenza del territorio mondragonese. Si cominciarono coltivare nel primo dopoguerra e le varietà conosciute erano i Boby e i Meraviglia mentre i fagiolini lunghi, detti Gentili, si producevano in piccole quantità solo ad uso familiare.
Venivano esportati nei mercati del Nord Italia ed erano molto rinomati e ricercati; quando la Sicilia ancora non li esportava , tutti i fagiolini che arrivavano al Nord provenivano da Mondragone e dal Casertano; questo succedeva quando tutto il territorio mondragonese da Pescopagano all’hotel Sinuessa, escludendo la discesa al mare creata nel dopoguerra con i pochi lidi, era tutta una distesa di vigneti e terreni coltivati a fagiolini.
Si seminavano o meglio “si pastenavano” a fine febbraio e dopo 40 giorni circa, a marzo nascevano le piantine; quando diventavano grandicelle si zappettava intorno ad esse per rincalzare il terreno, per aerarlo e per impedire la formazione di una crosta superficiale più compatta.
Quando le piantine fiorivano e nascevano i piccoli fagiolini era il momento di irrigare ma non sempre ce n’era bisogno, dipendeva dal clima , dall’esposizione al sole e dal tipo di terreno.
Se la terra era troppo secca e assetata bisognava intervenire: con il motore si attingeva l’acqua dai pozzi e con lunghi tubi di ferro sostituiti poi da tubi di plastica, si faceva arrivare l’acqua in tutti i punti. C’era anche chi , avendo poco terreno, non aveva il motore e lo poteva affittare a ore.
Quando arrivava il momento della raccolta, ai primi di maggio ma a volte anche a fine aprile, il contadino valutava gli aiuti necessari: si faceva aiutare dai suoi familiari, anche dai ragazzini, ma se c’era bisogno si rivolgeva anche a nipoti e parenti e compari e, se necessario, prendeva a giornate anche altre persone.
Era nelle terre calde dell’ Incaldana che arrivavano i primi fagiolini , teneri, sottili e delicati e venivano pagati negli anni ‘60 fino a 5000 lire al Kg. Allora sì che i contadini mondragonesi rimpinguavano le loro finanze e progredivano dal punto di vista economico.
Si partiva la mattina presto con il buio e si arrivava in campagna prima dell’alba e si procedeva alla raccolta fino a tarda mattinata; quando il sole incominciava a picchiare forte, il lavoro era già terminato.
Ognuno si disponeva davanti al suo solco e in silenzio si dava da fare e se qualcuno più lento rimaneva indietro, le persone che stavano a destra o sinistra lo aiutavano, facendolo stare al passo con loro. Il padrone si occupava di riempire i sacchi e appena erano pronti i primi, si recava al mercato .
Non aspettava che finisse la raccolta perché i primi fagiolini ad arrivare venivano pagati sempre ad un prezzo più alto; quando poi erano in tanti ad arrivare, il prezzo scendeva.
A schiena curva, con movimenti rapidi e precisi, si raccoglievano i fagiolini badando bene a non maltrattare la pianta su cui c’erano i fagiolini più piccoli che sarebbero arrivati a maturazione nei giorni successivi.
Ad una certa ora si faceva la colazione , che veniva preparata dalla padrona per tutti ma non si indugiava perché bisognava far presto, prima che il sole diventasse troppo forte.
Il mercato si svolgeva a Piazza Bernardino Ruosi, dove era tutto un brulichio di carretti , in seguito di lambrette e c’era un gran movimento, un alveare umano: i contadini, appena arrivati si incominciavano a informare sul prezzo, i “sanzani” o mediatori osservavano la merce, patteggiavano con i contadini e compravano per conto dei proprietari dei magazzini. Ce n’erano di più bravi e simpatici nel trattare ed altri più intransigenti e imbroglioni; alla fine i contadini davano i loro fagiolini ai loro sanzani preferiti , a quelli di cui avevano fiducia, anche se dovevano guadagnare qualche lira in meno.
Nei magazzini, poi, avveniva la lavorazione e anche lì il lavoro era molto faticoso, bisognava darsi da fare nell’ “incestrare” quintali e quintali di fagiolini per preparare il camion che a una certa ora doveva partire. Si riempivano i cassettini, mettendo dentro i fagiolini alla rinfusa, ma sopra si faceva l’ “accuppatura” , cioè venivano sistemati in bell’ordine. Dai magazzini partivano verso sera i camion che portavano i nostri fagiolini nei mercati del nord Italia e la mattina presto erano già lì.
(Da questo termine deriva il detto” A fatto “accuppatura”, con il quale ci si riferisce a qualcuno che si è sempre comportato male e che ha fatto un’ultima cosa peggiore delle altre; è usato , quindi, in senso ironico)
C’era davvero tanto lavoro attorno ai fagiolini , che però hanno rappresentato la ricchezza e la prosperità del nostro paese.
A pensarci bene non doveva essere certo piacevole svegliarsi nel cuore della notte per recarsi in campagna per non parlare di quel freddo umido della rugiada, “r’acquar”da cui erano coperte le piante e che andava a bagnare gambe e braccia che faceva comunque male oltre alla stanchezza fisica vera e propria dovuta allo stare tante ore a schiena curva a lavorare.
Ma i Mondragonesi di un tempo, lavoratori instancabili, venivano abituati al sacrificio fin da piccoli, a guadagnarsi il pane e a lottare per migliorare le proprie condizioni di vita e per costruirsi un futuro migliore per cui si tornava a casa, stanchi ma soddisfatti.
Ringrazio per la foto il gruppo FB "C' ERA UNA VOLTA MONDRAGONE"

Potrebbe essere un'immagine raffigurante 2 persone e attività all'aperto

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