lunedì 27 giugno 2022

CICCIGLIU ‘NDRIZZ

                                                     
                                                   

Tra le persone che hanno lasciato un segno indelebile nella memoria popolare mondragonese ce n’è uno, in particolare, che ha segnato un’epoca, che ha guidato e consigliato con competenza i suoi compaesani, Ciccigliu ‘Ndrizz, il cui vero nome era Francesco Fontana.
Chi non lo ricorda alle processioni pasquali, sempre in prima fila, cantare, a squarciagola e accoratamente, ad una sola voce con il popolo, le toccanti parole dei nostri canti della Via Crucis?
Abitava a “ri Crapar” un po’ dopo la chiesa del Vescovado, in via V. Emanuele, ha lavorato per diversi anni nel panificio Rota ma, insieme alla sorella Concettina, confezionava abiti per le processioni pasquali e abiti da cerimonia.
Quando nelle famiglie ci si doveva preparare per un matrimonio e ci si teneva a far bella figura, sapendo di non aver molta esperienza nell’ organizzare al meglio l’evento, tutti consigliavano: - Chiamate a Cicciglij , chiglij ‘ndrizz ‘ndrizz! (Chiamate Francesco, lui vi indirizza) ed è proprio da questo che deriva il simpatico soprannome.
E lui proprio questo faceva: indirizzava, consigliava , suggeriva perché era competente in molti campi, essendo dotato di un ingegno multiforme e versatile.
Un tempo si dava molta importanza alla festa della promessa di matrimonio, “ru ra parol”( il dare parola) e lui indicava per filo e per segno come andava apparecchiata la tavola, dove sistemare i calici per brindare, i tovaglioli, i confetti, i dolci e così via. Era lui che dava il giudizio sull’abito della sposa , che consigliava l’abito più adatto a lei, che curava l’organizzazione del ricevimento, niente sfuggiva alla sua supervisione.
Ci si recava da lui anche per un semplice consiglio, e lui, sempre disponibile: - Cummarè, ata fa accussì….ììì! Non solo, essendo amabile e garbato, amico di tutti, combinava anche matrimoni e metteva pace nelle famiglie e tra marito e moglie.
Collaborava con Giovannina, detta “a vamman”, la sarta che confezionava abiti da sposa, nella sartoria, che ora gestisce Emilia Vellucci, Emil mode, che ha continuato la tradizione.
Giovannina non faceva niente senza la consulenza di Cicciglio, era lui che presenziava alle prove di abiti importanti per verificarne la perfetta vestibilità e correggere eventuali difetti.
Per quanto riguarda le processioni pasquali, poi, c’è da dire che da lui è iniziato tutto. Fu proprio lui , che dopo la fine della seconda guerra mondiale, incominciò a recarsi a Napoli per comprare oggetti sacri quali incensieri, calici per la chiesa del Vescovado, su commissione del parroco. Era quella la sua parrocchia, che frequentava assiduamente e dove suonava l’organo.
Anche quando si facevano i Sepolcri era lui che andava a comprare i fiori e a sistemarli in base a sfumature e tonalità in maniera aggraziata per adornare degnamente l’altare della Reposizione.
Incominciò a portare a Mondragone le stoffe pregiate con cui si confezionavano gli abiti delle Madonne e dei Santi: seta, raso, taffettà, cady, velluto, galloni dorati per orlare e impreziosire.
Iniziò così a confezionare gli abiti dei primi Angeli e poi a progettare e a costruire le ali, modellandole in fil di ferro spesso, realizzandole di diverse misure, in base al fisico del bambino che le doveva indossare.
Le ali venivano fissate a due semicerchi in fil di ferro, piegati in modo da formare una sorta di tracolle come quelle di uno zaino, che venivano appoggiati sulle spalle del bambino, ovviamente imbottiti e ricoperti di stoffa. Succedeva, però, che le tracolle realizzate in questo modo potevano scivolare dalle spalle e cadere e così la sig.ra Emilia, che continua la tradizione, ha ideato una sorta di zainetto a cui vengono fissate le ali, che il bambino indossa molto più comodamente e le ali non possono cadere.
Le ali , poi , venivano ricoperte di raso bianco e di paillettes ma poi con il tempo impreziosite da piume di oca, di anatra e di struzzo, che tutt’oggi arrivano da una ditta di Firenze ad Emilia Vellucci.
Oltre agli abiti per gli angioletti, un po’ alla volta cominciò a confezionare anche quelli per l’Addolorata, quelli per Gesù, che veniva rappresentato come Gesù Risorto, Gesù nell’ Orto degli Olivi, Gesù coronato di spine e con la croce, abiti per la Veronica, per i vari personaggi: le ancelle, le pie donne, i soldati, i centurioni ecc. Ogni personaggio veniva disegnato e studiato nei minimi particolari , nell’abito, nel portamento, negli accessori, negli oggetti che maggiormente li identificavano.
Si faceva preparare la struttura delle ali da Ninando , Ferdinando Santoro, idraulico ed elettricista, che aveva un negozio vicino alla chiesa di S. Francesco.
Anche Ninando era molto ingegnoso nel costruire ali di Angeli e di Arcangeli, sempre su indicazione e su progetto di Cicciglio ma non solo, preparava, ad esempio, il corpetto di S. Michele Arcangelo, l’elmo con il cimiero, calzari, scettri e corone per regine della Bibbia, corone di spine, croci e crocette di varie misure, insomma si ingegnava a creare tutto quello che poteva servire; c’erano anche altri che collaboravano, chi dipingeva, chi ricamava, ieri come oggi, insomma c’era tutta una sorta di artigianato creativo, in cui ognuno metteva a disposizione i propri talenti per rendere la processione sempre più bella e questo è senza dubbio un vanto per la tradizione mondragonese.
Sicuramente la bellezza e la preziosità degli abiti dei personaggi ha poco a che vedere con la fede ma è bello vedere lo spirito di collaborazione e l’impegno di tante persone, che sta a testimoniare come il popolo mondragonese viveva e vive tuttora e partecipa con devozione al mistero della Passione e Morte di Gesù.
Era sempre Cicciglio che preparava i quadri della Passione che vengono portati in processione, arricchendoli con una base di velluto, rifinita con gallone dorato e abbellito con i fiori.
Oggi definiremmo Ciccigliu Ndrizz un influencer d’altri tempi, ma non solo, un personaggio dalle mille sfaccettature, un artista, uno stilista, un sarto, un inventore, un maestro di eleganza e di bon ton , un fine conoscitore del Galateo, in conclusione una persona fenomenale a cui noi Mondragonesi dobbiamo tanto.
Ringrazio Maria Miraglia per le informazioni fornitemi e per avermi fatto notare come la figura di Cicciglio sia stata significativa nella cultura mondragonese , allo stesso modo ringrazio la sig.ra Emilia Vellucci e la sig.ra Antonietta Sorrentino per le ulteriori informazioni al riguardo.
(Le foto mi sono state gentilmente fornite dalla signora Enzina Sessa)







giovedì 23 giugno 2022

LA MAGICA NOTTE DI SAN GIOVANNI


Il 24 giugno la Chiesa festeggia la Natività di san Giovanni Battista, fissata secondo la tradizione religiosa a sei mesi prima della nascita di Cristo. E’ l’unico santo di cui si festeggia la nascita, secondo la carne, oltre a Gesù e alla Madonna. Il “dies natalis” dei Santi, infatti, quello nel quale vengono ricordati nel calendario, corrisponde al giorno della loro morte perché morendo, essi nascono alla vita eterna.
La sua festa cade quasi in corrispondenza del solstizio d’estate, quando la natura è nel massimo rigoglio e poiché nell’antichità la società contadina traeva dall’agricoltura l’intera ragione di vita, attorno a questa ricorrenza la tradizione popolare ha creato tutta una serie di riti propiziatori, credenze magiche, riti di purificazione, raccolta di erbe magiche ecc.
San Giovanni, dunque, è la festa solare per eccellenza , la vittoria della luce sulle tenebre, del bene sul male. Nella tradizione popolare europea la notte di san Giovanni viene considerata una notte particolare, la notte magica per eccellenza, una notte carica di presagi, in cui la natura parla agli uomini e al mondo.
In molte località in questa notte si accendono falò come rito di purificazione, per propiziare buoni raccolti e per cacciare streghe e demoni.
Secondo le tradizioni nordiche è in questa data che il mondo naturale e soprannaturale si compenetrano , è il tempo in cui i pianeti e i segni zodiacali concorrono a caricare di virtù le pietre e le erbe. La terra si imbeve di strani influssi; le erbe medicinali, madide di rugiada, acquistano maggiore efficacia, si caricano di magici poteri e possono guarire le malattie.
L’uomo è pronto, in questa notte, ad accogliere la potenza della natura per farla propria. E’ la notte della rugiada e delle erbe, che in questa notte sono miracolose: l’iperico o erba di san Giovanni, la ruta, che come recita un proverbio mondragonese “ogni male stuta”, la salvia contro il mal di pancia, la menta contro l’influenza, il rosmarino contro la calvizie ecc.
E’ la notte in cui si raccolgono le noci ancora verdi per fare il nocino, detto anche “elisir di san Giovanni”. Le noci andavano e vanno messe ancora oggi in infusione nell’alcol fino alla notte di san Lorenzo, il 10 agosto per essere poi filtrate e zuccherate. E’ in questo periodo che a Mondragone, maturano le cosiddette “melelle di san Giovanni”, piccole mele di colore verde , che non si trovano in commercio, sono esclusiva di quei pochi contadini che hanno conservato qualche albero di questi frutti dolcissimi e quasi dimenticati.
La notte di san Giovanni viene definita anche la notte delle streghe, che secondo la tradizione pare prendessero il volo per andare a caccia di anime e per recarsi al grande raduno di Benevento, dove tutte danzavano attorno all’albero di noce; il loro detto magico, ripetuto anche da noi, alla partenza, era: “Sott’acqua e sotta vient sott a noce de Beneviento” . Un tempo a Mondragone per evitare che una strega potesse entrare in casa, si posizionavano dietro all’uscio di casa un sacchettino pieno di sale o una scopa in modo che la megera era costretta a contare granello per granello o filo per filo della scopa, così si faceva giorno e doveva andare a nascondersi.
In passato questo giorno era considerato sacro al pari di un capo d’anno e da qui l’usanza di trarre presagi e prevedere il futuro. Tante sono le forme di divinazione legate alla notte di san Giovanni , quasi tutte vertevano sull’indovinare qualcosa del proprio futuro amoroso e matrimoniale. Qui a Mondragone, come anche in altre località, si usava versare il piombo nell’acqua, che si raffreddava velocemente e dalle forme assunte si traevano previsioni sul futuro oppure si metteva un albume d’uovo in mezzo bicchiere d’acqua e la mattina dopo qualche persona esperta interpretava la forma che aveva assunto, traaendone previsioni per il futuro.
Altro simbolo della notte di san Giovanni è la rugiada, che ricorda il Battesimo impartito dal Battista nel Giordano a Gesù.
Inoltre, la figura del Santo, che ha battezzato Gesù, ha dato origine, nel tempo, alla figura del “compare” o “padrino” di Battesimo e di Cresima e di Matrimonio , caratterizzando quella forma di parentela spirituale che in molte parti d’Italia viene definito Comparatico, volgarmente detto anche “sangiovanni”.
Esso ricorda il vincolo sacro stabilitosi tra Gesù e san Giovanni nel fiume Giordano, un rapporto spirituale che non deve essere mai tradito; la violazione di siffatto legame è ritenuta, nella tradizione popolare, sacrilega e meritevole di terribili castighi. Si può dire che i compari erano gli amici più veri perché si sceglievano di propria volontà sia per affinità di vedute , di sentimenti, per quel feeling che a volte si viene a creare tra le persone con cui si sta bene in compagnia e a cui ci si vuole legare.
Diventare compari significava essere legati alla reciprocità, promettersi favori e assoluta disponibilità in ogni tipo di circostanza. Qui a Mondragone si invitavano i compari per l’uccisione del maiale, che richiedeva tanto lavoro; con i compari ci si scambiavano giornate di lavoro nei campi, quando moriva qualcuno della famiglia, i compari portavano “ru cuonsolo”, cioè preparavano il pranzo per i familiari del defunto e così via.

sabato 18 giugno 2022

LA PROCESSIONE DEL CORPUS DOMINI: TRA FEDE, SIMBOLOGIA E TRADIZIONE

 


Quando viene la festa del Corpus Domini, a Mondragone si fa una delle processioni più belle e sentite, la più solenne in assoluto, a cui partecipa tutta la comunità. Si tratta di una festività ufficiale della Chiesa, che ha lo scopo di onorare degnamente il sacramento dell’Eucarestia. Il sacerdote porta in processione il sacro “simbolo”, un’Ostia consacrata, racchiusa in un ostensorio, esposta alla pubblica adorazione, sotto un baldacchino finemente ricamato. E’ Gesù che passa per le strade, proprio Lui vivo e vero, presente nel Santissimo Sacramento ed è un paese intero che si mobilita per onorarLo e accompagnarLo sotto le specie dell’Ostia Santa. Una volta questa festa “di precetto” veniva celebrata il giovedì della seconda settimana dopo la Pentecoste , 60 giorni dopo la Pasqua, il che corrisponde al giorno dopo la Santissima Trinità. Nel 1977, in Italia, la Conferenza Episcopale Italiana decise di spostare i festeggiamenti alla seconda domenica dopo la Pentecoste. Qui a Mondragone si faceva la processione il giovedì mattina e si ripeteva il giovedì seguente, di pomeriggio, nella cosiddetta Ottava del Corpus Domini. Allora come oggi si allestivano lungo il tragitto gli altarini, molto più numerosi un tempo rispetto ad oggi, ovunque la devozione popolare lo riteneva opportuno e dove il sacerdote poggiava l’ostensorio e faceva sostare il Santissimo per pochi minuti e impartiva la benedizione; oggi gli altarini si allestiscono solo in prossimità delle chiese e uno alle Crocelle. Si tratta di altarini realizzati dalla gente del rione con coperte e lenzuoli di lino, fiori e ceri. Quando il Santissimo sta per arrivare in prossimità della chiesa, le campane suonano a festa, il sacerdote impartisce le benedizione; poi, tra canti e preghiere il corteo riprende il cammino. Al passaggio del Santissimo Sacramento è tradizione far sventolare dai balconi le più belle coperte e tovaglie di lino, finemente ricamate, i pezzi più pregiati del corredo della sposa di casa e vengono lanciati dall’alto petali di fiori. Come vuole la tradizione, per ogni strada dove deve passare il Santissimo, le donne preparano cesti di vimini colmi di petali di fiori colorati, misti ad erbe profumate, quali la mortella, la menta , la ruta, raccolta sulla nostra montagna, l’erba cedrina e li spargono festosamente a terra, formando un tappeto naturale e profumato, sul quale può passare degnamente il Corpo del Signore. Negli ultimi anni viene preparata l’Infiorata, molto bella anch’essa, con l’utilizzo di fiori e tappeti di segatura colorata con la raffigurazione di immagini sacre. Fortemente simbolico è anche lo stendardo della Congrega del Giglio, in cima al quale vengono appese le primizie, i frutti della terra mondragonese, non ancora maturi ma offerti in segno di gratitudine e di ringraziamento: il grappolino d’uva ancora acerba , che sta appena per colorire, le pesche, i primi ficoni, le pere durette e piccoline, le melelle di san Giovanni. Alla processione partecipano, nell’ordine: la banda, l’Azione Cattolica, i Movimenti, le due Congreghe del Carmine e del Giglio, le parrocchie, ognuna con il proprio stendardo, i sacerdoti, che a turno portano l’Ostia Santa, il sindaco, attorniato dai consiglieri comunali, carabinieri e guardie municipali, dietro seguono i fedeli. E’ in questo modo che la processione si snoda per le strade del paese e il popolo mondragonese, adora e rende omaggio al mistero di Cristo che ci ha amato di un amore tanto grande da donarci se stesso in cibo. La processione, poi, si conclude nella piazza principale, piazza Umberto, dove da un altare posto in alto su un palco il sacerdote impartisce la benedizione finale.

lunedì 13 giugno 2022

IL RESPONSORIO DI SANT’ANTONIO

Sant’Antonio è famoso anche come il Santo che aiuta a ritrovare le cose perdute. Questa particolare venerazione ha sicuramente origini popolari ma è anche da ricercare nel Responsorio latino , la preghiera più famosa recitata o cantata in suo onore. Secondo la tradizione popolare se, recitando il Responsorio, dall’inizio alla fine, non si verifica alcun intoppo, l’esito per il quale si prega sarebbe favorevole e viceversa. Di certo la preghiera non va considerata come una formula magica, bensì va recitata con umiltà e senza alcuna pretesa assoluta di ottenere qualcosa. Il Responsorio è una preghiera così popolare da essere conosciuto in tutto il mondo. Eccone la versione in italiano:

“Se chiedi i miracoli, eccoli: la morte, l’errore, le disgrazie, il demonio e la lebbra vengono messi in fuga; gli ammalati si alzano sanati, il mare si calma, i ceppi si aprono. Giovani e vecchi pregano e ritrovano nuovamente le membra e tutto ciò che hanno perduto. I pericoli periscono, cessa la necessità; parlino tutti coloro che l’hanno sperimentato. Lo dicano i Padovani.”
A Mondragone , fino a pochi anni fa, c’era l’usanza, quando una donna doveva partorire, che una persona di famiglia si recasse nella chiesa di san Francesco e facesse suonare il Responsorio a sant’Antonio: 13 rintocchi di campana e la recita del responsorio e di altre preghiere recitate da un frate della chiesa. E’ una tradizione portata a Mondragone dai monaci e molto sentita dal popolo ed è un peccato che sia andata perduta in quanto con essa si metteva la mamma e il bambino sotto la protezione del Santo in un momento così difficile e delicato come quello del parto. Si sa che sant’Antonio ha sempre avuto una particolare predilezione per i bambini. Nella sua biografia si raccontano tanti miracoli compiuti in loro favore ma la tradizione di porre i bambini fin dalla nascita sotto la sua protezione è nata da un episodio della vita del Santo: sant’Antonio si trovava ad Assisi per intervenire al Capitolo Generale. In quei giorni una devota donna, temendo di morire per il suo parto pericoloso, mandò a chiamare qualche frate affinché andasse a visitarla e a confortarla. Fu scelto Antonio, che in quel consesso godeva di fama di santità e di prodigiose operazioni. Egli andò e ispiratole coraggio, le disse che avrebbe partorito un figlio maschio, il quale si sarebbe vestito da frate minore, sarebbe passato tra gli Infedeli a cogliere la palma del martirio, della quale egli non era stato degno. La profezia si avverò ai tempi debiti. La donna partorì un maschio, che poi si fece frate con il nome di Filippo. A 50 anni fu mandato in Oriente insieme ad altri compagni. Poiché incoraggiava i compagni a resistere e a non rinnegare la propria fede, il sultano gli fece tagliare la lingua e le dita e lo fece scorticare vivo, condannando a morte anche i compagni. I loro corpi benché insepolti per molto tempo anziché fetore,emanavano una soavissima fragranza. (tratto da “ Vita di S. Antonio di Padova taumaturgo portoghese” dell’abate Emmanuele de Azevedo libro I cap. XXVI)

Potrebbe essere un'immagine raffigurante fiore

martedì 7 giugno 2022

I COMIZI ELETTORALI NEL PASSATO

Cari amici, da una collaborazione con Maria Miraglia, dal confronto di ricordi comuni, è nato questo post:

COM’ERANO BELLI I COMIZI ELETTORALI DI UNA VOLTA A MONDRAGONE
Siamo quasi al termine della campagna elettorale a Mondragone. Di comizi ce ne sono stati tanti, di diversi candidati e di diverse coalizioni, tutti animati da lodevoli intenzioni di migliorare le sorti del nostro paese.
Una volta il teatro di questi appuntamenti preelettorali era quasi sempre la piazza Umberto I, l’agorà, il centro, il cuore pulsante del paese. Da balconi di case private i candidati si rivolgevano ai cittadini mentre l’orario e il luogo veniva anzitempo comunicato a mezzo manifesti, volantini, passaparola o addirittura c’era chi, fornito di megafono, girava in macchina per i vicoli e le vie della città, animando così la platea dei votanti.
E con quanta forza, coraggio, passione, i candidati si preparavano ad incontrare e a convincere gli elettori e fra questi: sostenitori, indecisi, curiosi. Erano vere e proprie sfide “a chiedere il voto”.
Esponevano i candidati chiaramente, con un ritmo e tono di voce sicuro e deciso le idee, i programmi, i progetti che intendevano realizzare per migliorare la vita della città.
A volte leader di partito a livello nazionale venivano ospitati ed esprimevano il loro supporto ai candidati e al programma, tra cui, ad esempio, il senatore Bosco a sostegno della DC.
Capitava anche una concomitanza di comizi per cui i cittadini elettori si dimenavano tra un comizio e l’altro.
Sono rimasti memorabili i comizi di Nicola Stefanelli, l’oratore poeta, la figura carismatica, che incantava letteralmente gli elettori in una piazza gremita fino all’inverosimile.
Alla fine del comizio i suoi appassionati sostenitori erano soliti portarlo sulle spalle fino a casa, al palazzo ducale, in trionfo.
Il professor Mario Conte, poi, esponente del Partito Liberale Italiano, convinceva i suoi elettori dal balcone della sua casa paterna, in viale Margherita.
E le donne?
Anche loro partecipavano animatamente alle tornate elettorali…eccome!
Tra i vari aneddoti si racconta che a via Campanile, nei pressi della vecchia chiesetta di S. Rufino, si fronteggiavano due famiglie: quella della “Cancellesa”, titolare di un negozio di corredo, simpatizzante della DC di Camillo Federico e le sorelle de Pascale, dette “Le orfanelle”, sostenitrici del partito Liberale di Conte.
Quando le elezioni venivano vinte dalla DC e quindi da Federico, la simpatica Cancellesa metteva fuori dalla porta bene in vista una frasca di limone come per dire alle avversarie: - Tié, magnat o limon!
Quando invece Federico perdeva e vinceva Conte, le sorelle De Pascale, che neanche scherzavano, mettevano un disco a tutto volume, che si sentisse in tutto il vicinato, di Jean Francois Michel. La canzone, dedicata al candidato uscente, diceva: - Fiori bianchi per te, che te ne vaiii!
E oggi?
Solo e solamente semplici incontri elettorali, dove i cittadini partecipanti assemblati in locali al chiuso e poco all’aperto, si convincono al voto.
E’ notizia di queste ultime ore il confronto pubblico tra i sette candidati a sindaco per mercoledì 8 giugno alle 20, 30 presso il nostro Palazzetto dello Sport.
Si ringraziano gli organizzatori per questo grande segno di democrazia.
In bocca al lupo ai candidati e che vinca il migliore!



mercoledì 1 giugno 2022

A CAMILLUCCIA

 A Mondragone, in piazza Umberto, dove inizia la via del Santuario, sulla sinistra, ancora si può vedere la sartoria di Giovanni Coppola, un tempo detta “ A CAMILLUCCIA” perché lì si riunivano i sostenitori di Camillo Federico, autorevole personaggio politico mondragonese, esponente del vecchio partito della Democrazia Cristiana.                               

Fu sindaco di Mondragone per diversi anni, eletto per due volte alla Camera dei Deputati e infine Presidente della Mostra d’ Oltremare di Napoli.

Si racconta che lì gli amici si ritrovavano a trascorrere le loro serate a parlare delle sorti di Mondragone e di come sognavano il loro paese ma non disdegnavano neanche di parlare del più e del meno.
Quando qualcuno se ne andava poteva capitare che gli altri si mettessero a sparlare del malcapitato, come, di solito, succede un po’ dappertutto perché è proprio l’essere umano, in generale, che è molto portato ad osservare e a dare giudizi in continuazione su eventi, situazioni e persone e niente sfugge agli intransigenti giudici.
Per questo motivo tra quelli che andavano via, qualcuno scherzosamente diceva: - Nuje mo ce ne jamm, me raccumann, mo che ce ne jamm, trattatece buon che nuje simm bravi vuagliun! 
Traduco per gli amici non Mondragonesi: - Noi ce ne andiamo, mi raccomando, ora che ce ne andiamo, trattateci bene, cioè non parlate male di noi, perché noi siamo bravi ragazzi!

( Ringrazio l’amica Maria Miraglia, attenta testimone di un passato non troppo lontano di cui si ritrova ad essere ironica e spassosa narratrice).