venerdì 28 ottobre 2022

MARTIRI DELLE CEMENTARE

Cari amici mondragonesi,

oggi, un doveroso ricordo va ai MARTIRI DELLE CEMENTARE, che il 28 ottobre di 79 anni fa, persero la vita, vittime della furia nazista.
Il loro sacrificio rinnova ogni anno, tristezza e commozione nella nostra comunità e ci fa riflettere sulle inutili e inaudite crudeltà delle guerre.
Una preghiera spontanea si elevi al Cielo per i 17 giovani e padri di famiglia da tutto il popolo mondragonese.



Cari amici mondragonesi,
oggi, un doveroso ricordo va ai MARTIRI DELLE CEMENTARE, che il 28 ottobre di 79 anni fa, persero la vita, vittime della furia nazista.
Il loro sacrificio rinnova ogni anno, tristezza e commozione nella nostra comunità e ci fa riflettere sulle inutili e inaudite crudeltà delle guerre.
Una preghiera spontanea si elevi al Cielo per i 17 giovani e padri di famiglia da tutto il popolo mondragonese.🙏🙏🙏
Francesca Maria Miraglia, Letizia Piglialarmi e altri 18
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giovedì 27 ottobre 2022

A MARONN T’ACCUMPAGN



A MARONN T’ACCUMPAGN
cioè
POSSA TU CAMMINARE SENZA PENSIERI PROTETTO DALLA LUCE DELLA MADONNA
A Mondragone sono soprattutto le mamme e le nonne ad utilizzare quest’espressione, di origine napoletana, quando qualcuno della famiglia esce per andare al lavoro o deve intraprendere un viaggio o magari deve sostenere qualche esame e così via.
Da dove nasce questo detto, questo bell’augurio, che la Madonna ci sorvegli e ci protegga per l’intero cammino?
Ce lo racconta Luciano De Crescenzo nel libro “Fosse a Madonna”, anche questo un modo di dire che significa “Volesse il cielo” per dire che tutto ciò che vuole la Madonna, si avvera.
Verso la metà del 1700 re Ferdinando di Borbone, salito al trono nel 1759, constatò che il fenomeno della malavita era oltremodo aumentato e per scoraggiare i malavitosi che agivano soprattutto di notte, pensò di illuminare maggiormente le strade di Napoli ma le spese erano notevoli per una città grande come Napoli.
Fu il frate domenicano Padre Gregorio Maria Rocco a proporre al sovrano la soluzione, dicendo: - Maestà, datemi la licenza dell’illuminazione della città e non vi farò spendere neppure un ducato!
Padre Gregorio aveva trovato, qualche anno prima, nel sotterraneo del monastero di Santo Spirito un dipinto della Madonna.
Fece realizzare un centinaio di copie di quel quadro e le fece collocare nelle edicole votive sparse per tutta la città.
Rivolto ai Napoletani di ogni quartiere, disse: - La Madonna che sta nella vostra strada è uguale a quelle delle altre strade di Napoli. Se volete davvero bene alla vostra Madonna, dovete tenerla sempre illuminata.
Così, facendo leva sulla sensibilità dei Napoletani e sulla loro devozione verso la Madonna, Padre Gregorio riuscì nel suo intento.
Ogni quartiere tenne accese le lampade alla Madonna e tutte le strade furono illuminate.
Forse tutti ricordano quando il cardinale Sepe, salutando papa Francesco, appena dopo le elezioni, adoperò quest’espressione e disse: - A Maronn t’accumpagn e cioè La Madonna ti guidi sempre.
Un’altra espressione che tutti conosciamo è “Assa fa a Maronn!" E cioè Lascia fare alla Madonna! Perché quello che fa Lei è sempre per il nostro bene.
La adoperiamo, quando, in tante situazioni, tutto si risolve nel migliore dei modi, grazie all’intervento della Madonna.

martedì 18 ottobre 2022

NUN SFRUCULIA’ A MAZZARELL DE SAN GIUSEPPE

NUN SFRUCULIA’ A MAZZARELL DE SAN GIUSEPPE

( Non infastidire il bastone di San Giuseppe)

A Mondragone usiamo questo detto come esortazione a non infastidire, quando qualcuno cerca in tutti i modi di mettere alla prova la pazienza di un’altra persona.
Il detto è di origine napoletana e nasce da un avvenimento storico, raccontato dallo studioso napoletano Ulisse Porta Giurleo.
L’erudito trovò un documento negli archivi storici in cui si raccontava che un importante cantante napoletano, il cavalier Nicolino Grimaldi nel 1713 tornò da un viaggio a Londra con un’importante reliquia: il bastone di San Giuseppe.
L’oggetto di culto fu messo in una cappella di casa Grimaldi e tutto il popolo accorreva per venerare la preziosa reliquia, perfino il Viceré.
Tuttavia accadeva che i fedeli accarezzando e strofinando il bastone, furtivamente ne strappavano pezzetti e schegge per portarseli a casa.
Il cavaliere se ne accorse e mise di guardia al bastone un fedele servitore veneziano, di nome Andrea Musaccio.
Così a chiunque allungava la mano verso la reliquia, l’uomo ripeteva con un accento fra il veneto e il napoletano: - Non sfrecoleate la massarella de San Giuseppe, che poi, storpiato nel dialetto napoletano diventò sfruculià.
Sia sfrecolare che sfruculià derivano dal latino fricare, che vuol dire sfregare, strofinare, sminuzzare.
Comunque, mi vien da dire che quelli che sfruculeano la mazzarella di San Giuseppe, ogni giorno, sono sempre in tanti e noi cosa possiamo fare? 
Pazienza, pazienza, pazienza …





martedì 11 ottobre 2022

LA SCHIAVITU’ A SINUESSA E NELL’ANTICA ROMA

Dopo la seconda guerra punica nel corso del II sec. a. C. la colonia di Sinuessa cominciò ad espandersi al di fuori della cinta muraria originaria, sorsero i “magalia”, quartieri suburbani ed altre abitazioni per cui sorse una nuova cinta muraria, che inglobò le nuove costruzioni.

Ci fu un notevole sviluppo dell’economia del territorio e fu per questo che un gran numero di schiavi dovette affluire a Sinuessa per la coltura della vite, dell’olivo, del grano ecc.
Sorsero, in questo periodo, le prime ville rustiche, che si distinguono dalle ville urbane.
La villa rustica era un edificio di campagna, una sorta di fattoria o meglio il nucleo di un’azienda agricola, dove venivano raccolti e lavorati i prodotti agricoli con l’ausilio della manodopera servile.
La produzione agricola non serviva solo per il fabbisogno personale del padrone o “dominus” ma anche per commerciare i prodotti in eccesso con mercati lontani.
La villa era divisa in diversi settori: la parte residenziale, riservata al proprietario e alla sua famiglia, la parte rustica, destinata alla servitù, la parte fructuaria, destinata alla lavorazione dei prodotti.
In essa c’era la cantina con il torchio per la spremitura dell’uva, i magazzini per il grano, il mulino, il frantoio per macinare le olive e così via.
In un ambiente sotterraneo c’era l’ergastulum, una prigione dove venivano relegati gli schiavi indisciplinati.
Gli schiavi potevano essere acquistati facilmente nei mercati di Puteoli, di Capua e di Volturnum.
Non sappiamo nulla della vita degli schiavi di Sinuessa ma dalla testimonianza di Paolo Orosio, presbitero, storico e discepolo di S. Agostino, sappiamo che in seguito alle rivolte scoppiate in Sicilia nel 133 a. C., furono crocifissi 300 schiavi a Minturnae e 4000 a Sinuessa.
Per comprendere come si arrivò a tutto ciò, occorre fare un rapido excursus sulla schiavitù al tempo dei Romani.
In tutte le varie fasi della storia romana è possibile riscontrare Il fenomeno della schiavitù, come anche nella storia di altri popoli dell’antichità.
Nell’antica Roma essa forniva una forza lavoro a bassissimo costo, elemento importante dell’economia dello Stato.
Diventavano schiavi (servi) i prigionieri di guerra, ma anche i bambini abbandonati o chi non riusciva a pagare i debiti.
Il loro stato e tenore di vita dipendeva dalla mitezza o ferocia del padrone. Solitamente agli schiavi venivano assegnati compiti in base al loro livello culturale e alle loro competenze.
C’erano anche schiavi medici, insegnanti, architetti, atleti ma nella maggior parte, essi venivano oppressi, sfruttati e maltrattati in ogni modo.
In genere, il lavoro degli schiavi era duro e faticoso per non parlare delle pene che venivano loro inflitte: lavori forzati, la fustigazione, la tortura con ustioni, mutilazioni.
Gli schiavi ribelli erano condannati alla crocifissione oppure venivano dati in pasto alle belve feroci o bruciati vivi.
Fu proprio il trattamento disumano e oppressivo degli schiavi che portò allo scoppio di varie ribellioni.
Nel 136 a. C. in Sicilia scoppiò la prima guerra servile, capeggiata da Euno, schiavo di origine siriana.
Agli insorti si unirono gli abitanti del posto, chiedendo l’autonomia da Roma. Questa fu la prima delle guerre servili, che impegnarono Roma per quasi un secolo.
La seconda guerra servile scoppiò sempre in Sicilia, guidata dagli schiavi Salvio e Atenione tra il 104 e il 100 a. C.
La terza, la più celebre, fu guidata dal gladiatore Spartaco, cominciò a Capua nel 73 a. C. e si estese a tutta la penisola italica, impegnando i Romani in due anni di feroci combattimenti.
Spartaco era, inizialmente, un uomo libero, nato in Tracia nel 109 a. C.
Dotato di un fisico eccezionale e di un coraggio straordinario, si era arruolato nell’esercito romano.
Durante un’azione militare in Tracia, si rifiutò di uccidere i suoi compatrioti, fu arrestato per insubordinazione e ridotto in schiavitù.
Dopo varie vicissitudini si trovò a Capua , nella più famosa scuola di gladiatori, dove gli schiavi venivano addestrati in vari tipi di combattimento.
Spartacus non era rassegnato alla sua sorte e non accettava la schiavitù. Concepì, allora, un piano per ridare la libertà a sé e ai compagni.
Si mise a capo di un esercito di schiavi, che si ingrossava man mano che la marcia procedeva e raccolse un esercito di 150 000 uomini.
Tanti erano gli schiavi che fuggivano e si univano al suo esercito, tentando di riconquistare la libertà.
Il comando delle legioni romane fu affidato a Crasso , che dopo una drammatica guerra sconfisse i ribelli nel 71 a. C.
Dell’esercito di Spartaco sopravvissero 6000 schiavi.
Si racconta che i Romani, dopo aver sconfitto i ribelli, tentarono di individuare il leader carismatico e ribelle per una punizione esemplare, offrendo a tutti gli altri il perdono ma quando fu rivolta la domanda: - Chi è Spartaco? tutti risposero: - Io sono Spartaco.
Crasso allora li condannò tutti a morte tramite crocifissione lungo la via Appia, tra Roma e Capua, dove era iniziata la rivolta.
Dei 6000, 4000 furono crocifissi a Sinuessa e 300 a Minturnae.



martedì 4 ottobre 2022

INDOVINELLO MONDRAGONESE

SCEGN RIRENN E SAGLIJE CHIAGNENN
(Scende ridendo e sale piangendo)
E’ il secchio, che scende nel pozzo.
Quando scende, la carrucola del pozzo, legata alla catena, cigola e il secchio sembra ridere. Quando risale, invece, pieno d’acqua che fuoriesce, sembra piangere.


sabato 1 ottobre 2022

Le origini di Sinuessa

I SANNITI, LE FORCHE CAUDINE E SINUESSA

Per risalire alle origini di Sinuessa occorre fare un breve ripasso di Storia Romana.
I Romani, prima di lanciarsi alla conquista dei tanti territori che formarono il loro grande impero, dovettero assoggettare i popoli italici: Sabini, Equi, Volsci ed altri.
Tra questi, i Sanniti gli diedero filo da torcere. Erano un popolo fiero e bellicoso, stanziato nell’area centromeridionale della penisola, tra Lazio, Abruzzo, Molise, Campania e Puglia.
Sia i Romani che i Sanniti miravano alla supremazia nel territorio e per questo si scontrarono in tre guerre, tutte vinte dai Romani.
Durante la seconda guerra sannitica, però, in una battaglia, nel 321 a. C., a Caudio, presso Benevento, i Sanniti sconfissero i Romani, imponendo loro l’umiliazione di passare sotto il giogo, cioè tra due aste conficcate nel terreno e una terza messa trasversalmente, che imponeva ai vinti di inchinarsi per passarvi sotto; i soldati dovevano passare seminudi, subendo gli scherni e le percosse dei vincitori.
Da questo episodio così umiliante è nato un modo di dire “Passare sotto le forche caudine”, che significa subire una grave umiliazione o una prova mortificante.
Fu proprio per le scorrerie dei Sanniti nell’Agro Falerno che i Romani fondarono nel 296 a. C. le colonie di Sinuessa e di Minturnae allo scopo di presidiare militarmente la zona ma, come narra lo storico Tito Livio, non si trovava facilmente chi si mettesse in lista per raggiungere le due nuove città perché la gente pensava di essere mandata solo a combattere in quei luoghi.
Le due colonie non esercitavano nessuna attrattiva sulla popolazione per il loro carattere esclusivamente militare.
Nel giro di un secolo dalla fondazione ci fu, però, un radicale cambiamento, difatti esse risultavano “insediamenti formati da “cives optimo iure”(cittadini con pieni diritti)”.
Delle due città, Sinuessa diventò più importante di Minturnae perché non solo era un fiorente centro economico ma anche un luogo di vacanze. Qui, infatti, esistevano impianti termali, tra i più famosi dell’antichità.
Inoltre c’erano cantieri navali, nella pianura produzione di cereali, nella fascia collinare e pedemontana produzione di olio e di vino, il famoso Falerno, che veniva esportato in tutto l’impero.
Sinuessa, da piccola colonia, era diventata una ricca e grande città.