domenica 31 luglio 2022

SANT’ ANGELO DETTO “CARTAGINE”


POSSIBILE ORIGINE STORICA DELL’APPELLATIVO

Qualche volta ho sentito accennare scherzosamente a Cartagine, sia in riferimento a S. Angelo che ai Santangiolesi, probabilmente volendo alludere al fatto che S. Angelo è il rione più antico di Mondragone e quindi usato nel senso di vecchio, antiquato, arcaico.
In realtà all’origine dell’ironico epiteto vi potrebbe essere un reale e prezioso riferimento alla ricchezza storica e culturale del rione santangiolese in quanto esso,
più precisamente, si riferisce al Criptoportico, che sorge in territorio santangiolese, in località Starza.
Il Criptoportico, costruito dai Romani, pare sia sorto come magazzino, deposito di viveri durante la seconda guerra punica, che i Romani combatterono contro i Cartaginesi, detti anche Puni.
Volendo riassumere, in breve, le guerre puniche, bisogna ricordare che furono tre e furono combattute per più di cento anni.
Intorno al 300 a. C. Roma e Cartagine (odierna Tunisi) erano le due maggiori potenze del Mediterraneo. Cartaginesi e Romani avevano fatto una serie di accordi commerciali affinché nessuna delle due potenze danneggiasse l’altra.
Gli accordi si ruppero quando Roma nel 264 a C invase la Sicilia, che non le apparteneva, facendo scoppiare la prima guerra punica, che fu combattuta in mare dal 264 al 241 e terminò con la sconfitta dei Cartaginesi.
La seconda guerra punica dal 218 al 202 fu dominata dal genio militare di Annibale, generale cartaginese, che venne in Italia, attraversando le Alpi, con 30 000 uomini e 37 elefanti, sconfiggendo i Romani molte volte. Nell’inverno a cavallo tra il 216 e 215 a C si stabilì a Capua. Il suo soggiorno, passato alla storia come “gli Ozi di Capua”, fu definito dallo storico Tito Livio come la tomba della gloria di Annibale, accusato di essersi addormentato nelle delizie, cullato dai piaceri e affascinato dalle donne e questa fu la causa della sconfitta del suo esercito.
La terza guerra punica fu combattuta dal 149 al 146 a C direttamente a Cartagine, che fu assediata e rasa al suolo.
E’ questo, quindi, il periodo in cui va inquadrata la costruzione del Criptoportico mondragonese.
Il Criptoportico, nell’architettura romana, era un corridoio coperto, che poteva essere a livello del terreno o seminterrato e poteva servire di supporto ad una villa come nel nostro caso o poteva servire per accedere al teatro o per il mercato coperto.
Il nostro Criptoportico, in particolare, ora in rovina e pericolante, ha una pianta rettangolare, presenta un corridoio centrale più grande , da cui partono corridoi laterali, che portano ai vari ambienti.
Si sa che le pareti erano adornate con affreschi , nei quali era possibile distinguere il caratteristico “rosso pompeiano”. Il pavimento era fatto a mosaico, i vari ambienti abbelliti da colonne ed altri oggetti, molti dei quali, purtroppo sono stati trafugati da ignoti che li hanno venduti o li tengono nelle loro case.
Sono ancora visibili le arcate dell’ acquedotto che convogliava le acque verso il Criptoportico.
Si tratta, comunque, di una zona archeologica di notevole interesse, che versa in condizioni di degrado e di abbandono.
In conclusione, non solo i Romani ma tutti i popoli che hanno soggiornato nel nostro paese hanno lasciato segni e tracce della loro presenza.
Non solo il Castello e il Palazzo Ducale ma anche le chiese, le strade, i vicoli ricordano il passato, perfino i ruderi, le pietre e i ciottoli raccontano storie… anzi raccontano la Storia.


martedì 26 luglio 2022

S. Anna



Cari amici,

nel giorno della festa di S. Anna, è sempre bello riascoltare questo antico canto della tradizione popolare mondragonese, a Lei dedicato.
Dobbiamo ringraziare Andrea Capuano, giovane talento mondragonese, studioso e appassionato ricercatore di tradizioni e cultura del nostro paese. E’ lui che ce lo ha fatto conoscere, salvandolo dall’oblio.
Grazie, Andrea Capuano 
Nelle Sacre Scritture non c’è alcun riferimento alla storia di S. Anna, madre della Vergine Maria.
Essa viene narrata, però, nei cosiddetti Vangeli apocrifi, nel Protovangelo di Giacomo e nel Vangelo dello pseudo- Matteo.
Da essi sappiamo che Anna sposò Gioacchino, uomo virtuoso e ricco della stirpe di Davide ma non ebbero figli a causa della sterilità del marito.
Gioacchino fu umiliato pubblicamente da un uomo di nome Ruben, che gli impedì di sacrificare al Tempio per non aver dato figli a Israele perché la sterilità era considerata per gli Ebrei un segno della mancanza della benedizione divina.
Gioacchino, amareggiato, si ritirò nel deserto, tra i pastori.
Un Angelo apparve ad Anna, preannunciandole il prossimo concepimento di una bambina.
Dai versi dei Vangeli si legge:
“Anna si afflisse molto. [4] Si spogliò delle sue vesti di lutto, si lavò il capo, indossò le sue vesti di sposa e verso l'ora nona scese a passeggiare in giardino. Vedendo un alloro, si sedette ai suoi piedi e supplicò il Padrone, dicendo: "O Dio dei nostri padri, benedicimi e ascolta la mia preghiera, come hai benedetto il ventre di Sara, dandole un figlio, Isacco".
[3, 1] Guardando fisso verso il cielo, vide, nell'alloro, un nido di passeri, e compose in se stessa una lamentazione, dicendo: "Ahimè! chi mi ha generato? qual ventre mi ha partorito? Sono infatti diventata una maledizione davanti ai figli di Israele, sono stata insultata e mi hanno scacciata con scherno dal tempio del Signore. [2] Ahimè! a chi somiglio io mai? Non somiglio agli uccelli del cielo, poiché anche gli uccelli del cielo sono fecondi dinanzi a te, Signore.
[4, 1] Ecco, un angelo del Signore le apparve, dicendole: "Anna, Anna! Il Signore ha esaudito la tua preghiera; tu concepirai e partorirai. Si parlerà in tutta la terra della tua discendenza".
Ecco come la tradizione popolare mondragonese ci tramanda l’episodio nel canto:
Quanno Sant’Anna a ru urticieglio jeva
Tutta de gloria e de malincunìa
Nu giorno alzaje gli occhi al cielo
E vide r’auciegli fa lu nido
<So auciegli e fanno ri fanciulli
E io che so’ donna nu ri pozzo fare>>
Nu giorno scisero gli angiuli da ru cielo
E dissero: <Anna, tu avrai ‘na figliola
Tu avrai ‘na figliola de nome Maria
Sarrà padrona de ru cielo e la terra>>
TRADUZIONE
Quando Sant’Anna all’orticello andava
Tutta (piena) di gloria e di malinconia
Un giorno alzò gli occhi al cielo
E vide gli uccelli fare il nido
(Disse): - Sono uccelli e fanno i figli
E io che sono donna non li posso fare.
Un giorno scesero gli angeli dal cielo
E dissero : - Anna, tu avrai una figliola
Tu avrai una figliola di nome Maria
Sarà padrona del cielo e della terra.

domenica 17 luglio 2022

SANT’ALESSIO: L’UOMO DI DIO


"Sant’Alessio cittadin de Roma- Parent de ru papa imperatore"

Sono queste le uniche parole che si ricordano di un canto della tradizione mondragonese dedicato a sant’Alessio, che si festeggia il 17 luglio.
Anche se non c’è un culto particolare per sant’Alessio nel nostro paese, da questo canto emerge la conoscenza della vita del Santo nella cultura contadina.
Della vita di sant’Alessio esistono ben tre versioni: una di tradizione siriaca, una greco-bizantina e una romana.
Sant’Alessio nacque a Roma nel V sec. Era figlio di Eufemiano, nobile romano, uomo di grande bontà, che ogni giorno faceva preparare da mangiare peri bisognosi e lui stesso li serviva a tavola instancabilmente. Era seguito anche dalla moglie, che aveva gli stessi principi.
Non avevano avuto un figlio ma il Signore esaudì le loro preghiere e ne donò loro uno. Quando il figlio crebbe, fu avviato agli studi, nei quali eccelleva. Fattosi ormai un ragazzo, secondo la consuetudine di allora, fu scelta per lui una ragazza, anch’essa dell’ambiente di corte e gli fu data in sposa.
La sera delle nozze, Alessio, che voleva offrire la propria vita a Dio, iniziò a istruire la sposa sul timor di Dio e sul pudore verginale, le dette il suo anello d’oro e se ne andò verso il mare , dove si imbarcò per Edessa, città della Siria.
Là prese le sostanze che aveva con sé e le distribuì ai poveri. Poi, vestito di stracci, iniziò a vivere da mendicante; delle elemosine che riceveva , tratteneva per sé il minimo e il resto lo distribuiva ai poveri .
II padre, profondamente addolorato per la scomparsa del figlio, mandò i suoi servi a cercarlo in ogni parte del mondo , giunsero anche a Edessa, dove Alessio li riconobbe ma i servi non riconobbero lui.
Dopo 17 anni che Alessio era rimasto al servizio di Dio, un giorno nella chiesa dove si trovava, l’immagine della Vergine miracolosamente disse al custode: - Fai entrare l’uomo di Dio perché è degno del Regno dei cieli! IL custode non sapeva di chi parlasse e l’immagine della Vergine disse:- E’ quello che sta fuori, seduto nell’atrio.
Allora il custode lo chiamò e lo fece entrare in chiesa. La fama di questo fatto si diffuse e tutti cominciarono a venerarlo come un Santo. Alessio, che voleva sfuggire alla gloria del mondo, partì in segreto con l’intenzione di raggiungere Tarso di Cilicia ma la nave arrivò al porto di Roma.
Allora Alessio pensò di andare a casa del padre ma senza farsi riconoscere e vedendolo che rientrava al palazzo, gli chiese ospitalità; il padre senza indugio gliela concesse , assegnandogli un luogo per lui e mandandogli ogni giorno il cibo dalla sua mensa , affidandolo a un servo.
Alessio pregava e faceva penitenza , i servi si facevano beffe di lui, facendogli i dispetti ma lui sopportava tutto, senza ribellarsi. Passò altri 17 anni nella casa del padre senza essere riconosciuto.
Si accorse, ad un certo punto, che ormai era vicina la fine della sua vita, allora chiese carta e inchiostro, scrisse la sua storia su un rotolo e morì. In quello stesso momento le campane incominciarono a suonare a festa, si sentì una voce dal cielo che diceva: - Venite a me voi tutti che soffrite e siete provati e io vi rifocillerò. Poi la voce continuò: - Cercate l’uomo di Dio, che preghi per Roma! E poi di nuovo : - Cercatelo nella casa di Eufemiano!
Ma Eufemiano, quando gli fu chiesto, disse di non conoscere quest’uomo. Allora gli imperatori Onorio e Arcadio con il papa Innocenzo andarono da Eufemiano e il servo che si occupava di Alessio, disse: - Signore, guarda se non è quel forestiero, è un uomo di vita elevata e di gran pazienza.
Eufemiano corse da Alessio ma lo trovò morto e cercò di prendere il rotolo che stringeva in mano ma non ci riuscì. Il papa allora si avvicinò e prese la carta , che Alessio lasciò andare facilmente.
La lessero davanti a tutti. Eufemiano e la moglie erano sconvolti dal dolore; anche la moglie di Alessio, indossata la veste del lutto, accorse. Il papa e gli imperatori posero il corpo in un feretro di gran pregio e lo portarono attraverso tutta la città e fu annunziato al popolo che era stato trovato l’uomo di Dio.
Tutti accorrevano incontro al Santo, se qualche malato ne toccava il corpo, subito era guarito, i ciechi riacquistavano la vista, gli indemoniati erano liberati. Per portare il corpo di Alessio alla chiesa, fu ordinato di spargere oro e argento per le piazze affinché il popolo lo raccogliesse e facesse spazio.
Ma la folla non badava al denaro e cercava di toccare il Santo. Così con gran fatica riuscirono a portare il feretro al tempio di san Bonifacio martire, dove per sette giorni lodando Dio senza sosta costruirono un sepolcro in oro e pietre preziose dove deposero il corpo da cui si diffuse un odore soavissimo tanto che tutti pensavano che fosse pieno di aromi.



venerdì 15 luglio 2022

STU MAMOZIO


STU MAMOZIO E’ un modo di dire che si usa a Mondragone ma che non ha origini mondragonesi.

Lo si usa quando ci si rivolge a qualcuno che si ritiene abbia scarse capacità intellettive, stupido e sciocco, dalla faccia da imbecille.
Da una ricerca fatta sul web ho saputo che deriva da un ritrovamento archeologico che fu fatto a Pozzuoli nel 1704, dove, durante gli scavi per la costruzione della chiesa di S. Giuseppe, venne fuori la villa del console Lolliano Mavorzio e fu ritrovata una statua senza testa, attribuita a lui.
Alla statua venne integrata una nuova testa che, essendo, però, molto più piccola rispetto al corpo, conferiva al console un’aria alquanto imbambolata.
I Puteolani, con il tempo, storpiarono il nome Mavorzio in Mamozio, che assunse il significato di persona stupida e sciocca.
La statua fu collocata nella piazza del mercato nelle vicinanze di un’altra statua, raffigurante il vescovo Martin de Leon Cardenas e veniva chiamata dal popolo Santu Mamozij e divenne con il tempo il protettore degli ortolani del luogo, che gli rivolgevano suppliche e pare che gli lanciassero offerte di fichi e pomodori.
Questi gesti indussero le autorità nel 1918 a spostare la statua nell’anfiteatro Flavio per proteggerla da possibili danni.
Questa, per sommi capi, la storia del Mamozio.
Tornando a noi Mondragonesi, nella nostra quotidianità, quando e perché usiamo questo termine?
Quando ci capita di venire in contatto con una persona dalla faccia da ebete, che non proferisce parola e non si smuove, “ nun se sfriccica e nun pipiteja” e non dà segni di aver capito. Come potremmo definire tale persona senza ricorrere a tanti aggettivi e giri di parole ma in maniera efficace ed istantanea? Ci viene spontaneo dire: - Ma da dove è uscito “stu mamozio”? E che soddisfazione dirlo così , ovviamente non per offendere ma solo per scherzare.

Potrebbe essere un'immagine raffigurante 3 persone, monumento e il seguente testo "BANCO"

venerdì 1 luglio 2022

LA MADONNA DELLE GRAZIE AL VESCOVADO


Il 2 luglio ricorre la festività della Madonna delle Grazie, che ha sempre avuto grande rilevanza nella tradizione mondragonese.

La statua si venera nella cappella che sorge all’angolo di via IV Novembre, che fu realizzata nel 1847 come luogo di sepoltura, come attesta la lapide incastonata nel pavimento, dalla famiglia Brodella, il cui figlio sacerdote, don Giuseppe Brodella, fu il primo amministratore della cappella, all’epoca insignito del titolo di “cappellano regio”.

A lui seguirono due sacerdoti passionisti in famiglia, Gennaro e Alfonso Brodella. L’ultimo amministratore della cappella in ordine di tempo è stato don Amato Brodella, per molti anni sacerdote a Carinola, che portava il nome anche dei due precedenti sacerdoti Gennaro e Alfonso.

All’ epoca della sua ordinazione sacerdotale, nel 1960 ricevette dal notaio Ronza l’ atto di proprietà della cappella ed era lui che ne sosteneva tutte le spese.

(Le notizie mi sono state riferite da don Amato Brodella nel 2018, quando era ancora in vita)

La famiglia Capuano, cha abita a ridosso della cappella, si occupa della pulizia e di tenere la chiesetta aperta al culto dei devoti, di tutte quelle persone che ogni giorno passano a recitare una preghiera, ad accendere la candela oppure a portare in segno di ringraziamento fiori e piante o qualche fiocco rosa o celeste per la nascita di qualche bambino.

Il piccolo ambiente a forma quadrangolare presenta un’unica navata. Nella zona dell’altare, sulle pareti laterali sono ricavate due nicchie mentre nell’abside c’è un altare con una nicchia soprastante che ospita la statua della Madonna delle Grazie. Al di sopra si legge la scritta: In me omnes gratiae cioè In me (sono) tutte le grazie.

Nella devozione popolare si conosce bene il ruolo di intercessione che Maria opera tra l’uomo e Dio, si sa che Maria è la Regina di tutte le grazie, la nostra Avvocata, è Colei che intercedendo per noi presso Dio fa sì che Egli ci conceda qualsiasi grazia , difatti si ritiene che nulla Dio neghi alla Vergine Santissima.

Attualmente nella cappella si recita il Rosario nel mese di maggio.

Ogni anno si celebra il Triduo in onore della Madonna nella Cappella, poi nel giorno della festa, la statua viene portata al Vescovado, dove si celebra la Messa e poi, in processione, ritorna alla Cappella.

Quest'anno, per evitare assembramenti, essendo la Cappella troppo piccola, il Triduo si è tenuto al Vescovado.