Il Natale è quasi alle porte e ci apprestiamo a celebrarlo degnamente, come sempre, tra sacro e profano.
Con canti e preghiere invochiamo la venuta del Salvatore ma ci prepariamo anche con luci, alberi e presepi e quant’altro perché anche la rappresentazione esteriore con la sua bellezza contribuisce a creare un legame tra queste due realtà, che sembrano così lontane e che pure insieme danno vita ad un’essenza vera, concreta e tangibile.
Sulla tavola di Natale, poi, niente deve mancare: baccalà, pesce, dolci tipici, frutta secca ecc.
E siccome il sacro richiama sempre il profano e viceversa, la frutta secca mi riporta in mente un episodio dello scorso Natale, che mi è rimasto impresso.
Il giorno della Vigilia di Natale è venuto un amico di mio marito a farci gli auguri.
In realtà, loro due sono amici d’infanzia, hanno frequentato insieme la scuola elementare; poi, con il tempo si sono un po’ persi di vista, ed ora, ultrasettantenni, si sono ritrovati a frequentare lo stesso circolo per anziani.
Ci ha portato in dono un cestino di fichi secchi, dicendo: - Abbiamo molti alberi di fichi in campagna e per non farli andare a male, li facciamo secchi per Natale. E poi ha aggiunto: - Sai, io mi ricordo sempre quando ti venivo a chiamare per andare a scuola e la tua mamma mi dava i fichi secchi.
Ecco, in realtà, era per quello che era venuto, per ricambiare quel gesto affettuoso di tanti anni prima, che non aveva mai dimenticato.
E’ stato per noi un dono gradito e inaspettato, che mi ha fatto pensare a quanto può valere un gesto affettuoso nella vita di una persona, così come può pesare un gesto senza amore.
E’ proprio vero che nella vita tutto passa, solo il bene resta, è proprio così. Il bene che facciamo, eco e riflesso di un altro Bene, più grande, che tra poco nascerà proprio per insegnarci ad amare e che arriverà ad immolarsi per noi.
Tornando al profano, i fichi secchi affondano la loro tradizione nella cultura contadina di una volta.
A Mondragone ce n’è stata sempre grande abbondanza perché in campagna ce n’erano tanti di questi frutti e oltre a mangiarli in estate, si seccavano al sole per conservarli per l’inverno.
Si stendevano su una superficie aerata e si rigiravano di tanto in tanto, poi si infornavano per un po’, dopo la cacciata del pane, a forno tiepido, per non farli scurire troppo.
Nelle case contadine c’erano sempre, si davano ai bambini come caramelle, si mangiavano anche come spuntino, tra un pasto e l’altro.
Ricordo quando mia zia chiamava mio cugino per qualche commissione, magari per mandarlo a comprare qualcosa e lui diceva: - Se mi dai i fichi secchi, ci vado! Prima si riempiva le tasche, il golosone, e poi andava